Ieri sera a Ballarò non sembrava neanche di essere alla tivù. Ma li avete sentiti parlare, Benedetta Tobagi e Marco Alessandrini? Al di là dei contenuti, bellissimi, tragici, commoventi, da lacrime prima contenute e poi singhiozzate liberamente tanto da far sgorgar via, insieme, tutte le preoccupazioni della giornata, dell’anno o di una vita, che bella lingua italiana ci hanno fatto ascoltare.
Mario Calabresi, per primo, con la sua fierezza dello scrivere, del raccontare e del commuovere. E poi gli altri figli delle vittime. Che precisione, nel descrivere una tragedia personale finora sottaciuta dai mass-media televisivi. Che pienezza di linguaggio. E che grande senso, acquistano le parole, quando si apre il dialogo non per urlare, ma per portare una testimonianza di verità.
Le parole belle esistono ancora. Esistono ancora persone vere, capaci non solo di regalare generosamente la propria storia, ma di tracciarla con l’aiuto di una specifica qualità retorica.
Meno male. Avevo quasi perso la speranza.