Spingendo la notte più in là: le loro parole, le nostre parole

Ieri sera a Ballarò non sembrava neanche di essere alla tivù. Ma li avete sentiti parlare, Benedetta Tobagi e Marco Alessandrini? Al di là dei contenuti, bellissimi, tragici, commoventi, da lacrime prima contenute e poi singhiozzate liberamente tanto da far sgorgar via, insieme, tutte le preoccupazioni della giornata, dell’anno o di una vita, che bella lingua italiana ci hanno fatto ascoltare.

Mario Calabresi, per primo, con la sua fierezza dello scrivere, del raccontare e del commuovere. E poi gli altri figli delle vittime. Che precisione, nel descrivere una tragedia personale finora sottaciuta dai mass-media televisivi. Che pienezza di linguaggio. E che grande senso, acquistano le parole, quando si apre il dialogo non per urlare, ma per portare una testimonianza di verità.

Le parole belle esistono ancora. Esistono ancora persone vere, capaci non solo di regalare generosamente la propria storia, ma di tracciarla con l’aiuto di una specifica qualità retorica.

Meno male. Avevo quasi perso la speranza.

  • Giulia Tiberi |

    Ci si stupisce quasi di come la televisione sappia essere, a volte, uno strumento alto di testimonianza civile. Lo è stata, concordo, nella trasmissione speciale di Ballarò sul terrorismo e le vittime dimenticate, partendo dal libro di Mario Calabresi “Spingendo la notte più in là”. Leggere quel libro e ascoltare le parole intense di Mario Calabresi, Benedetta Tobagi e Marco Alessandrini, la loro pacata ma ferma indignazione, la loro passione civile e il senso dell’esistenza del bene comune e della sua ricerca in loro e, ancor prima nei loro genitori e nelle tante persone e idealità uccise dai terroristi, la loro volontà di scommettere sulla vita sono stati un grande ricchezza per chi come me li ha letti e ascoltati. Una grande pagina. Grazie.
    Giulia Tiberi

  • Idepicc |

    Condivido in pieno la riflessione di Francesco. Aggiungo che se per i trentenni si potrebbero finalmente aprire spazi, per i quarantenni è forse troppo tardi. Ritengo inoltre che anche gli anni di Mani Pulite abbiano dato un certo contributo ad affossare questa fascia di età. La maggior parte dei miei coetanei allora trentenni (moltissimi con sincera passione) impegnati da anni nei partiti tradizionali in una lunghissima gavetta politica (resa lunga e dura anche dalla vorace presenza dei fratelli maggiori che avevano fatto o visto da non molto lontano il ’68 – sempre loro, dunque) sono stati travolti e trascinati via dalla scomparsa dei partiti. Va be’, lo so, sembrano (e forse sono) sfoghi da “vecchietto” frustrato, ma lasciatemeli fare. Il fenomeno c’è stato!

  • Cristina Tagliabue |

    Grande Mario Calabresi.
    Per Francesco: sì, mancano volti che ci rappresentino, questo è certo. Ma ho una gran paura di vederne uscir fuori che non mi piacciono. Quindi… segnalo le positività e per ora attendiamo..
    Per Giacomo: già… che fare? sono pochi gli spazi in cui ci si riconosce. Stiamo tutti lì, infatti, in quei rari luoghi. Quando ci ricordiamo che c’è la tivù.

  • Giacomo Brunoro |

    Trasmissione di una bellezza struggente (come del resto il libro). L’azzeccatissima frase “Ieri sera a Ballarò non sembrava neanche di essere alla tivù” getta comunque un’ombra di tristezza su quello che è diventata la nostra tv, vale a dire un contenitore vuoto da cui ormai ci sembra perfino impossibile aspettarsi qualcosa di bello (nel senso più completo del termine).

  • Francesco |

    Bellissimo il libro, bellissima la trasmissione di ieri.
    E bravo Floris a far emergere il retropensiero che forse c’è un intera generazione, quella dei trenta-quarantenni, che è stata imprigionata dal ’68 e dai sessantottini, che non riesce a trovare lo spazio per legittimarsi come “intelligenza” e come nuova classe dirigente.
    Mentre nella mente facevo scorrere le immagini della crisi italiana di questo scorcio di 2008 ho notato che di facce di quell’età ce ne sono poche, tra chi ci rappresenta, comanda o informa. E mi sono detto, forse un po’ ingenuamente, che se ce ne fossero di più sarebbe meglio, molto meglio.

  Post Precedente
Post Successivo