Ho 90 anni, mi chiamo Franca, sono drogata di Tic Tac

1919 tic tac

Nata il primo giorno di primavera e mancata in quello dei defunti, Alda Merini era una vecchia pazza. Simbolo troppo perfetto de “La città fragile – domani apre la mostra – il mio pensiero è volato a lei quando la scorsa estate AquiliAlberg mi hanno invitato ad unirmi al gruppo capitanato da Bonomi.
E tuttavia, inspiegabilmente, appena l’ho pensata ho abbandonato l’idea. Credo di esser cascata nella trappola del “troppo scontato”, e oggi so di aver sbagliato.

Io, troppo occupata a cercare una rappresentazione originale, che non prevedesse ciò che tutti si aspettavano – la follia, la Merini – ho messo in un angolo la poetessa per cercare disagi più inquinati dalla quotidianità. Ma in realtà, ancora una volta, anche perseguendo la normalità mi sono trovata di fronte alla follia della solitudine di Milano, alla disperazione di chi è solo e non ha neppure gli strumenti culturali per elaborare un lutto grande come quello di non aver nessuno con cui parlare.Presa dalla ricerca di vecchiaia senza follia professa, e sapendo di raccontare su pellicola una donna anziana, mi son però ritrovata di fronte a storie in cui imprescindibile era la dimensione dell’ossessione, della compulsività, dell’avversione verso l’altro.

Della paura e anche della dimenticanza di sé. Della dipendenza – se non da alcool, caffè e sigarette – da psicofarmaci, da piccoli medicamenti, da abitudini consolidate e irrinunciabili. Come se l’età avanzata fosse di per sé una sfida, e fosse legata ad un ché di folle. Come se in realtà la mia ricerca non potesse prescindere dalla pazzia.Ho ripreso, infine, Franca Pedroni, gracile e dolcissima novantenne di  Paolo Sarpi. La signora Franca nutre una strenua avversione verso i cinesi ma soprattutto ha sviluppato una tenace dipendenza dai Tic Tac: “quelli bianchi però, che la frutta la trovo sotto casa, ma i Tic Tac no, è sempre più difficile”.

Quando ho ascoltato le sue parole ho deciso che i Tic Tac e questa relazione caramellata sarebbero stati la chiave del mio corto. Un’inspiegabile e insaziabile bisogno di zucchero, affetto, amore. Anche per la Merini era un po’ lo stesso. Anche per me, in fondo.Per questo, in fondo a “La Città Fragile”, troverete l’ultima intervista alla poetessa dei navigli milanesi. Fa il paio coi Tic Tac, che arrivan primi, ma solo a ricordare lei, Alda Merini, sin dal principio.