Cara sigaretta, stanotte, per la prima volta, ti ho pensata.
Mia compagna di vita per vent’anni, e adesso, non so perché, sento che lo sei più. Tutti a dirmi che ti volevo lasciare, al liceo, poi i fidanzati all’università (ho avuto tutti fidanzati fumatori, possibile?) e infine al lavoro, dove ho assistito, sotto tortura, anche d uno di quei corsi in cui si invitavano i dipendenti a smettere, e li si aiutava con stupidi ma evidentemente importanti escamotage…
Non ho mai messo in dubbio che sarei stata, sempre e comunque, insieme te. Non ho mai pensato che qualcuno mi ti potesse togliere di mezzo, o che mi potesse obbligare a fare a meno della tua ruggine. Lunghi i viaggi intercontinentali con tante gomme da masticare, ore interminabili di riunioni in cui non ti potevo avere tra le dita, e toccare, ed annusare, e ritoccare, e spremere, e ciucciare.
Il tuo fumo mi ha protetto, e forse anche isolata. Ora, per la prima volta, provo a lasciarti.
Non ci riuscirò subito, perché come la fine di un amore, si trascinerà. Continueremo a frequentarci sapendo entrambe che però qualcosa non c’è più, che si sta insieme soltanto per abitudine, perché non si può fare altro. Poi ce ne andremo, un giorno, ognuno per la propria strada.
Stamane mi sono alzata, non ti ho cercata. Ho fatto colazione, e non ti ho cercata. Dopo il caffé ho sentito forte il bisogno di inalare fumo. Ho aspettato mezz’ora. Poi mi sono seduta, ti ho presa in mano, ti ho accesa. Una sconfitta. Una buona e sentita sconfitta.