Ricevo e pubblico una ricerca dell’ADCI (per chi non lo sapesse, l’Art Directors Club Italiano), che in questi giorni sta promuovendo incontri con il mondo dei politici, in rappresentanza della categoria dei "creativi-pubblicitari".
Così come la FIMI (Federazione Musica Italiana) e il MEI (Meeting Etichette Indipendenti) fanno per il mondo dei "creativi-musicisti-etichette".
Così come il mondo dei "creativi-giornalisti" è rappresentato dall’Ordine, così come i "creativi-cineasti" stanno raggruppandosi in vari collettivi – il più importante è quello dei CentoAutori, ma poi ci sono anche i Documentaristi di Doc.it etc etc etc… – così come i "creativi-scrittori-editori", in teoria, dovrebbero stare sotto l’Aie.
Sicuramente anche il mondo degli autori televisivi e quello del fumetto hanno qualche tipo di associazione, che non conosco. Certo è che mi sembra che – come sempre, in Italia – ci sia un mondo che lavora e che produce, e poi un mondo che – per mestiere – parla del mondo che lavora e che produce.
Qualcuno avrà pensato: adesso che la creatività va così di moda… perché non accaparrarsi il primato – e la rappresentanza – dei lavoratori che ci girano attorno? Io me li vedo già, questi professionisti, a metà tra il politicante, il manager e il sindacalista (esclusi i registi dei CentoAutori, che fanno davvero i film, e i Documentaristi.it, che fanno davvero i documentari) parlar di noi…
Il nome freelance, detto in italiano, equivale a dire minorato fisico. La gente che come me fa la libera professione non si sente affatto rappresentata, sia nelle richieste, sia nella fotografia che fanno di noi, da tutte queste associazioni. Io che ne scrivo da tre anni, di creativi, potrei citare musicisti, registi, pubblicitari – quelli più bravi e quelli meno bravi – che sono anzi molto scontenti delle associazioni che li chiamano in causa ogni piè sospinto, a fare da testimonial, giusto quando conviene chiamare uno famoso come si fa nelle peggiori delle isole.
Mi limito a dire la mia, e non cerco a mia volta testimonial. A mio parere, c’è chi sgobba, e c’è chi fa chiacchiere e distintivo.
Quando si è sotto elezioni, ogni scusa è buona per accaparrarsi visibilità. Fare, poi, le cose davvero utili, dare dei servizi ai liberi professionisti, manco a parlarne. Basta guardare che fine sta facendo la musica, nonostante i suoi rappresentanti.
L’Adci – ciliegina sulla torta – inserisce chi fa informazione dentro la categoria dei free-lance e di chi promuove cose, oggetti, consumi. La ricerca che allego mette insieme giornalisti ai pubblicitari che fanno gli spot.
Fare informazione e fare pubblicità mi sembra una cosa ancora MOLTO DIVERSA . Spero che a qualcun altro (un politico illuminato? un professionista che scrive?) balzi all’occhio il problema.
Uno tra i 1000, di quelli che ci vogliono rappresentare.