Nel 1968, durante l’estate dell’invasione russa che mette fine ad ogni sogno di “primavera”, Josef Koudelka – giovane fotografo nato in un piccolo paese in Moravia e fino ad allora soprattutto fotografo di scena – è a Praga.
Quell’alba del 21 agosto scende in strada come tutti e, con la sua macchina fotografica, scatta. Scatta senza sosta, senza pausa, con il bisogno di farlo semplicemente perché è lì, nella città che conosce e dove vive: “mi sono trovato davanti a qualcosa più grande di me. Era una situazione straordinaria, in cui non c’era tempo di ragionare, ma quella era la mia vita, la mia storia, il mio Paese, il mio problema” .
Le foto raccontano i carri armati nelle strade, lo stupore e la rabbia di tanti che cercano di fermare la violenza anche solo con il proprio corpo, le manifestazioni, le case, il pianto e la disperazione.
La documentazione di quell’estate tragica arriverà clandestinamente in America e da lì le fotografie faranno il giro del mondo. Per anni per proteggere l’incolumità di Koudelka, furono pubblicate anonime con la dicitura “fotografo praghese” (Photography by P.P.) ma ugualmente divennero una tra le testimonianze più forti del periodo, una traccia indelebile, un segno incancellabile nella storia.
Koudelka riuscì a lasciare la Cecoslovacchia il 20 Maggio del 1970.
Le immagini di Koudelka sono oggi simboli della resistenza, icone di quel tragico avvenimento e hanno contribuito a fare di Josef Koudelka uno dei fotografi più apprezzati e stimati al mondo. Ora, per la prima volta sono esposte a Forma, in anteprima assoluta.
La mostra a Spazio Forma, aperta lo scorso giovedì, è stata realizzata in collaborazione con Magnum Photos è accompagnata da un volume omonimo edito da Contrasto e pubblicato contemporaneamente in otto paesi.