YouTube: Odi et amo

Meno di un annetto fa scrissi un articolo su YouTube, una specie di apologia dell’Odi et Amo.

La riporto qui di seguito. Anche se oggi, dopo pochi mesi, siamo decisamente passati verso l’Amo….

YouTube. Odi et amo. Liberazione dal palinsesto catodico, manifesto del pubblico giovane e attivo, freddo tecno-contenitore di brandelli di vita, purché durino meno di dieci minuti. Broadcast yourself, è il suo claim. E chi non ha provato, a mettercisi dentro. Adesso il tuffo l’hanno fatto anche i politici…

Amo. All’inizio furono i giovani musicisti, con i loro video, poi gli aspiranti registi con i cortometraggi, insieme ai patiti di Internet, che ovunque fosse un’innovazione dovettero per forza sperimentarla. Poi arrivarono i cartoonist, quelli che costruivano piccole storie disegnate, insieme ai giocherelloni, che inserirono piccole video-gaffes.

Infine, piombarono in massa i collezionisti. Ovvero, quelli che registravano sul computer i video dalla tv, gli spezzoni di film o delle trasmissioni cult e poi, nonostante i diritti non fossero coperti, li mettevano a disposizione di tutti. Del pubblico della Rete. Magari prima che dei telefilm fosse mandati in onda sui canali televisivi. Magari pubblicando pezzi di documentari che in Rai potevano passare anni prima che siano sdoganati.

Questi collezionisti, in particolare, furono personaggi interessanti. Non solo perché coraggiosi pionieri del free-copyright, ma perché costruttori di una video-memoria collettiva a disposizione di tutti. Di punto in bianco, i collezionisti resero obsoleti i pochi videoregistratori rimasti in circolazione – e chi si è perso una puntata della Gialappa’s Band o qualche parodia delle Edizioni del Bradipo di Pippo Lorusso sa di cosa stiamo parlando -.

I collezionisti, inserendo video-televisivi su Internet, consegnarono all’eternità spezzoni ridicoli che Blob si era perso, o che non aveva voluto segnalare. Diedero evidenza a testimonianze importanti che non erano state valorizzate nei palinsesti tv. Costituirono, insomma, una selezione di momenti catodici che sarebbero entrati nel dimenticatoio e che invece che rimarranno, crediamo per sempre, aperti alla libera consultazione.
Il pubblico del web, insomma, grazie a YouTube, costruì la propria identità in movimento.

Odi. Oggi Youtube è di moda come la coppia dei Beckam, come la nuova Vespa di Pontedera, come l’iPhone, le Nike personalizzate e come “For the love of god”, la nuova teschio-opera multimilionaria tempestata di diamanti dell’artista Damien Hirst. E oggi come ieri, nell’home page di YouTube se ne vedono di tutte. Per fortuna o purtroppo, il meccanismo di selezione dei video sembra essere automatico. E tuttavia, c’è sempre più immondizia, in evidenza. Forse con un nome finto e una registrazione anonima ci si sente più deresponsabilizzati, e meno consapevoli di quanto si dovrebbe. Fatto sta che il politically correct, su YouTube, sembra proprio che non esista. Anzi, spesso vale il contrario. Vale la regola dello sfogo, della parodia o dello sfottò fine se stesso.

Facendo una ricerca per nomi celebri e/o modaioli, come Lapo Elkann o Emanuele Filiberto, tra i video più visti ci sono le loro parodie. Niente male il cartoon Lapollon (Lapo + Pollon combina guai), oppure i corrispondenti di Striscia la notizia che tapirano il principe. E niente male il videoclip più visto alla voce Paris Hilton, in cui una cicciottella bionda ancheggia richiusa in una prigione.

Il meccanismo YouTube premia la giocherellona rivalsa del pubblico attraverso la risata facile, o l’attacco diretto. Un esempio per tutti sono i politici. Negli Stati Uniti la questione è già molto seria. Basta cercare i nomi Hillary Clinton e Barak Obama per rendersene conto. A due diverse ricerche corrisponde uno stesso risultato, in top alla classifica dei più visti. E’ una pubblicità di Apple opportunamente taroccata, in cui Hillary appare in tutta la sua freddezza su un megaschermo che verrà poi distrutto. Alla fine del video-spot compare una sottospecie di mela colorata, ma con il buco, sotto la quale c’è scritto BarakObama.com. E’ evidente che i due non si devono amare molto, al momento. Ma è anche evidente che al pubblico online americano è questo che interessa. L’attacco diretto.

Passando invece all’Europa, ai nomi Tony Blair e Nicolas Sarkozy rispondono due contributi molto diversi. Per Blar, un lungo video in cui viene chiesto a intervistati americani se lo conoscano. Una delle risposte: “è un attore”.

Di diverso spirito e fattura il video di Sarkò, che durante la campagna elettorale ha inaugurato la geniale Sarko-Dance. Il video è molto semplice. Il volto del leader francese è stato “appiccicato” al corpo di un ballerino, con un sottofondo musicale divertente. Pare sia stato proprio Sarkozy a volere questo intervento-chirurgico. E a ragione: qualche mese fa, a Parigi, tra i bobo (bourgeois-bohemien) non si parlava d’altro.

In confronto a Sarkò l’Italia è tremendamente indietro. Prevale la logica dello sfottò fine se stesso. Basta fare qualche piccola ricerca. Al nome Walter Veltroni troviamo Corrado Guzzanti, Ficarra e Picone in una splendida imitazione. Cercando Marco Pannella eccoci di fronte alla docu-fiction Casa Pannella. Per non parlare dei risultati alla voce Silvio Berlusconi. Indescrivibili. Chi come Enrico Letta ha provato con un annuncio “personale” è già stato superato da una risposta che alcuni volenterosi del web gli hanno preparato, con tanto di portatile appoggiato sulla scrivania. Forse per farsi pubblicità, o forse perché davvero ci credono.

La giornalista Mika Brzezinski della Msnbc, famosa per essersi rifiutata di leggere l’ennesima notizia sulla Hilton, è divenuta una sorta di mito, su YouTube. Chi lavora nel mondo della comunicazione – di prodotto come di personaggi – potrebbe farci una riflessione. A quelli di YouTube, in fondo, piace ridere.