Ivanohe Lo Bello. Quello che ha detto “no”, in Sicilia

Pubblico qui di seguito il testo dell’intervista uscita ieri su Nòva24. Intervistato: Ivan Lo Bello, Presidente di Confindustria Sicilia, che a chi, tra gli imprenditori, ha pagato i pizzi, ha chiesto di denunciare il fenomeno.

Peccato, e peccatore. Altrimenti, fuori.

E’ una persona che mi ha fatto ben sperare. Credo meriti un pò di attenzione, e sostegno. Anche solo col pensiero. Perché lui è lì. E la maggior parte di noi ne parla, ma comunque, in Sicilia, non ci lavora.

Occupazione giovanile bassa, difficoltà per la piccola impresa, e, come citava il film di Johnny Stecchino-Benigni, quell’annoso problema del “traffico”.

Che regione è la Sicilia? Lo scorso anno il Presidente di Confindustria Montezemolo ha detto il primo grande no alla Mafia e alla cultura del pizzo. Risalgono a pochi giorni fa le coraggiose dichiarazioni del Presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello “Chi collabora e chiarisce la propria posizione con Confindustria, rispetto ai nomi trovati sul libro mastro del boss Salvatore Lo Piccolo, starà con noi. Chi continuerà ad assecondare la cultura del silenzio, fuori”.

Sarà stata questa sfida alle Mafia a far balzare in vetta all’indice di “felicità personale”che le città della regione Sicilia, che invece sono le più basse nella classifica del “benessere economico” tracciata da Il Sole 24 Ore lo scorso dicembre?

Solo per citare un esempio, ad Agrigento sembra che le persone siamo molto più serene che a Milano (8° posizione in classifica contro 59esima), dove invece la sicurezza e gli stipendi sono molto più alti. Provocazioni permettendo, scrive anche Luca De Biase (Economia della felicità, Feltrinelli Editore, 13, 50 Euro) che non tutto si spiega con il denaro. Certo non saranno soltanto gli amici, il mare, e il sole, a cambiar la vita, e le prospettive, dell’isola intera…

“La situazione è questa – ci spiega Ivan Lo Bello – i giovani che hanno la possibilità di pagarsi gli studi si trasferiscono ancora al Nord. Le migliori opportunità economiche fanno sì che i siciliani ritornino in seguito, dopo essersi affermati professionalmente, magari in contesti di vacanza. E tuttavia è anche questo che vogliamo fare chiedendo un chiarimento agli imprenditori sui pizzini. Vogliamo ribaltare l’immagine della Sicilia, e far sì che oggi si possa aprire una piccola e media impresa in tranquillità”.

“Il non si parla di Mafia  – continua Lo Bello – era una posizione di chi accettava il quadro delle cose, e ci aveva convissuto. Io credo sia importante parlare di Mafia, criticare il sistema e contrapporre l’idea e la sostanza di una Sicilia che c’è, che guarda all’innovazione, e che già dimostra una certa vitalità in campo imprenditoriale. Per esempio, intorno a Siracusa sono nate tante aziende metalmeccaniche e plastiche”.
Lo Bello cita Siracusa, non a caso. E’ la città dove ha vissuto sin da piccolo e che il nonno gli ha raccontato come un piccolo paese. Un posto equilibrato, perché “gli squilibri – dice – sono le conquiste della civiltà”.
La tradizione, come la Sicilia, Lo Bello le conosce bene. A partire dal nome: “Ivan è il diminutivo di Ivanhoe, mi è stato tramandato dal nonno, secondo tradizione. Ma adesso ho due figlie piccole, Chiara e Alice, di 11 e 9 anni. Quindi…”.

Quindi il prossimo 21 gennaio il Presidente di Confindustria Sicilia compirà 45 anni. Viene da una famiglia di imprenditori, e “dopo una laurea in giurisprudenza e un’attività di avvocato d’impresa, sono tornato all’azienda”.

Una passione per le arti, e per il teatro, che lo ha portato a ricoprire la carica di Presidente del Festival Teatrale di Ortigia, e una vita dedicata a costruire. Anche oggi, con un’operazione culturale sempre, ma diversa, che è semplicemente l’affermare – e continuare ad affermare – no. “La Sicilia – spiega – ha vissuto per decenni con il mito della spesa pubblica. Questo non solo non ha generato sviluppo, ma ha compresso la creatività imprenditoriale. L’impresa non si può misurare con il pubblico, ma con il mercato. Oggi c’è una situazione molto diversa anche soltanto da 10 anni fa, e possiamo finalmente ribaltare un vecchio modello. Libero Grassi morì nel silenzio. Noi non solo stimoliamo a parlare. Proteggeremo gli imprenditori che denunciano la Mafia”.

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