Stavo ri-leggendo "Lettera a un bambino mai nato" di Oriana Fallaci. E dopo averlo ri-terminato, con le consuete lacrimucce, l’ho ri-percorso all’indietro, soffermandomi sulle considerazioni della Fallaci in tema di famiglia, di educazione di un figlio che mai arriverà, di raccomandazioni di genitore, e di percorsi obbligati quando si aderisce a un sistema di potere (piccolo come la famiglia, o grande che sia, se la famiglia o, il raccomandante, è molto importante).
Lo so, sta male sparlar di famiglia poco prima di Natale. Eppure ci sarà qualcuno, come me, che in queste feste rac-comandate non si sente a suo agio, perché fanno parte di un percorso collettivo obbligato, e non individuale. Non scelto. Ebbene, eccomi qui, a riportare parole scritte nel 1975, che sembrano così antiche, ma che sono così attuali, in tema di libertà voluta, e scelta, e invece di percorsi obbligati, fatti in base a un "patto iniziale" – la raccomandazione, o la famiglia -.
Io ti nutrirò, ti coprirò, ti laverò, ti porterò in braccio. Poi incomincerai a camminare da te, a scegliere da te dove andare e quando lavarti. Ma allora sorgeranno altre schiavitù. I miei consigli. I miei insegnamenti. Le mie raccomandazioni. La tua stessa paura di darmi dolore facendo cose diverse da quelle che ti avrò insegnato.
Passerà molto tempo, ai tuoi occhi, prima ch’io ti lasci partire come gli uccelli che i genitori buttano fuori dal nido, il giorno in cui sanno volare. Infine quel tempo verrà, e io ti lascerò partire, ti lascerò attraversare la strada da solo, col verde e col rosso. Ti ci spingerò. Ma questo non aumenterà la tua libertà perché mi resterai incatenato con la schiavitù degli affetti, la schiavitù del rimpianto.
Alcuni la chiamano schiavitù della famiglia. Io non credo alla famiglia. La famiglia è una menzogna costruita da chi organizzò questo mondo per controllare meglio la gente, sfruttarne meglio l’obbedienza alle regole. Ci si ribella più facilmente quando si è soli, ci si rassegna più facilmente quando si vive con altri. (…)
Non te ne puoi mai liberare, anche se ci provi con tutta la tua volontà, e la tua logica. Magari credi di averli dimenticati e un giorno riaffiorano, irrimediabilmente, spietati, per metterti la corda al collo più di qualsiasi boia, e strozzarti.
Ecco. Anche se non condivido questo astio tenace contro il "sistema famiglia", e anche che non credo che la famiglia sia un cappio al collo – quanto invece radici di partenza sulle quali sviluppare un’identità propria – sono convintache la descrizione del tentativo di "indipendenza" rispetto ad un rigido sistema di raccomandazioni sia invece una giusta chiosa alle "cattive raccomandazioni" che abbiamo troppo ascoltato in questi giorni.
Questo solo per dare uno spunto di riflessione diverso. Evviva Prenatàl.