Raccomandateci please. Che abbiamo un grande futuro, alle spalle

Raccomandati e ballerine, dice Berlusconi. Un altro bello spot, che in parte scandalizza, e in parte ti prende la pancia, e ti fa pensare. Un amico mi dice che "magari un poco ha ragione, però. In fondo Beppe Grillo – un altro che lavora di piancia, ndr – nei suoi spettacoli sbandiera la lista dei raccomandati in Rai, e certi cognomi si ripetono all’infinito, insomma". E allora Berlusconi ci gioca, con questi nostri sentimenti alterni, che tutti proviamo, per portare alla luce la parte di noi che meno è ragionevole, quella astiosa, che per rabbia o invidia tende a "semplificare". Esattamente come lui fa nei suoi proclami-spot.

Dunque ho provato a pensare, oggi, nel paese dei raccomandati e della cooptazione, se è possibile fare dei distinguo, circa le raccomandazioni "buone" e quelle "cattive".  E credo proprio che – ancora – sia possibile.

In passato era la lettera del "curato" o del "sindaco" di paese con
la quale ci si recava per la prima volta in città, speranzosi di
ottenere magari una borsa di studio, o magari un primo aiuto per
iniziare a lavorare. All’estero o ma anche in certi ambienti italiani,
o su internet, di questi tempi si scrive in modo molto trasparente
(vedi Linkedin) per segnalare amici. Si consiglia, si "raccomanda" una
persona con la quale si è lavorato, o che si reputa all’altezza di un
incarico, sia che si sia stati suo pari, sia che sia stato un
subordinato. Tutte queste mi sembrano ancora raccomandazioni buone…

Poi ci sono i cacciatori di teste, che selezionano le
professionalità più adatte al ruolo che le imprese cercano. Sono
cattivi? Non direi, anzi. Sono garanzia di imparzialità.

Ci sono dei luoghi, però, nei quali difficilmente i cacciatori di
teste vengono utilizzati. Perché sono molto ambiti, e c’è già la fila –
per poterci entrare – prima che venga a crearsi una necessità
effettiva. Probabilmente le televisioni e le radio, probabilmente la
moda e la pubblicità, probabilmente tutta l’editoria in senso lato.

Siamo contro le segnalazioni, o le lunghe attese prima di accedere
in un luogo, le biografie che si creano con il passare degli anni, in
attesa di essere arruolati nell’ambito sperato, e desiderato? Io,
personalmente, no.
In aziende private, il proprietario, peraltro,
può scegliere i manager o i collaboratori che crede. Sono solo la
grazia e l’apertura mentale che gli permettono di inserire elementi
fidati senza mettere troppo scompiglio. Quando invece sono i manager, a
fare ferro e fuoco con i loro amici e le loro cordate… beh, è ancora
diverso, anche se è una pratica molto comune.

In ambito pubblico, però, la questione è molto diversa. Ascoltando
le telefonate sembra che nei programmi televisivi e nelle fiction
funzionasse l’imposizione diretta, lo scavalcamento delle regole di
civiltà, l’inserimento top down di persone che non avevano ancora dimostrato il loro valore, con una solida gavetta.

Beh, è questo lo scandalo. E’ come se le scuole di teatro, le
accademie d’arte, le scuole di dizione e di cinema non contassero più.
Per fare le attrici bastava una telefonatina.
Una telefonata ti cambia una biografia.
Una telefonata ti porta dalle stalle alle stelle.
E’ questo che inquieta. Una telefonata, diceva uno spot, ti salva la vita.
Che schifo.

PS: Rileggo il post e all’inizio mi sembra un pò alberoniano… Modelli troppo conosciuti… Ogni tanto ci si casca…

  • Guido |

    No, mi sembrava ingenuo confondere tra ‘referenze’ e ‘raccomandazioni’, cose ontologicamente diversissime, soprattutto nel contesto di questa putribonda vicenda Berlusconi – Saccà. Se è finta ingenuità (giornalistica) non sono arrivato a capirla .. colpa mia 🙂

  • Cristina Tagliabue |

    Perché sono una finta ingenua, perché mi scandalizzo ancora, perché non ho niente contro le raccomandazioni normali, perché vengo giù dai monti (della Svizzera, della Lombardia, della Milano che produce in modo serio)?

  • Guido |

    Cristina, più che Alberoni mi sembri Heidi .. 🙂

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