La volgarità, secondo Adriano Sofri

Leggo e trascrivo direttamente da Repubblica di oggi, pag 35.
Volgarità è forse, nella vita quotidiana come nella corporazione dei satirici, l impulso a conquistare gli altri passando per il loro lato più debole e meschino
.
E aggiungo anche una frase di Umberto Eco, raccolta nella pagina successiva del giornale: è sano un paese dove solo i comici danno il via alle polemiche, al dibattito, senza ovviamente poter suggerire le soluzioni?
Già sentita, ma sempre efficace. Oggi anche Michele Serra ha scritto. Tutte di seguito, tre pagine molto dense sul caso Luttazzi.

  • Cristina Tagliabue |

    Antonio, sei veramente un portento… E chi ti ferma più!

  • Antonio |

    Ho appena letto il post di Dario Fo sul dibattito su Luttazzi. Estansiante (almeno per me :)) http://www.dariofo.it .
    Ciao

  • Cristina Tagliabue |

    Grazie mille per la segnalazione. Non che non avessi letto gli altri… ma mi sembrava giusto segnalare quanto mi ha maggiormente colpito..

  • Antonio |

    “Tendo a diffidare di chi vuole dare una definizione di satira. Quasi sempre la ricerca della definizione non è animata da curiosità filosofica ma dal desiderio di stabile cosa non sia la satira, per poter procedere a censure, con la nota formula “noi difendiamo e amiamo la satira ma l’artista invece di fare ciò per cui è stato scritturato e ben pagato! è scaduto nell’invettiva, nell’insulto gratuito, nel comizio di parte” ecc. L’idea è quella di far somigliare la censura, o la cancellazione di un programma televisivo a una normale contestazione per un lavoro mal fatto, come a un muratore che ha tirato su un tramezzo sbilenco. Ma il muratore ha come riferimento il disegno di un architetto mentre nel contratto del satirico non c’è una definizione universale della parola satira”
    Dall’intervista a Corrado Guzzanti pubblicata da Repubblica a pag. 35+2.
    Credo che la questione che dovrebbe essere oggi in discussione è quella messa in risalto da Guzzanti in questo passo. Ovvero che la mano del censore è di nuovo in movimento.
    Luttazzi sul suo blog risponde così…
    “Al Direttore di Repubblica:
    è disarmante vedere firme celebri annaspare di fronte alla satira e alla sua natura. Quello della volgarità, da sempre, è il pretesto principe di chi vuole tappare la bocca alla satira. Che sia chiaro una volta per tutte ( i furbastri più o meno interessati mi hanno un po’ stufato ): la volgarità è la TECNICA della satira. Con questa tecnica, la satira esprime idee e opinioni. Censurare la satira ( in nome del cattivo gusto o di altri princìpi volatili e capziosi ) è censurare le opinioni. E’ fascismo. Chi si attarda in disquisizioni sul buon gusto è un censore. Punto. L’unico limite lo stabilisce la legge: diffamazione, calunnia. La satira è arte: o è totalmente LIBERA, o non è satira. Se io parlo del sostegno immondo di Ferrara alla guerra criminale di Bush, Blair e Berlusconi in Iraq, e voi vi scandalizzate dei toni satirici invece che di Abu Grahib o del napalm a Falluja, la vostra scala di valori è corrotta. Era questo il significato di quel monologo. Come volevasi dimostrare.
    Daniele Luttazzi”
    E dopo le autorevoli opinioni di Adriano Sofri e di Michela Serra chiuderei citando un premio Nobel.
    “LUTTAZZI: Ti ho chiamato per un motivo molto semplice. Durante queste settimane un sacco di politici, giornalisti, ecc., hanno voluto spiegare agli italiani che cos’è la satira. La satira deforma ma non informa… e cose di questo genere. Io voglio usare il classico argomento di autorità. Chiamo te e ti chiedo: Dario, che cos’è la satirà?
    DARIO FO: Posso dire che è un aspetto libero assoluto del teatro. Cioè quando si sente dire per esempio è meglio mettere delle regole, delle forme limitative a certe battute a certe situazioni. Mi ricordo una battuta di un grandissimo uomo di teatro il quale diceva: prima regola nella satira, non ci sono regole. E questo è fondamentale. Ti dirò poi che la satira è un’espressione che è nata proprio in conseguenza di pressioni, di dolore, di prevaricazione, cioè è un momento di rifiuto di certe regole e di certi atteggiamenti liberatorio, in quanto distrugge la possibilità di certi canoni che intruppano la gente.
    LUTTAZZI: Quindi questo è un po’ il suo obiettivo, l’obiettivo della satira.
    DARIO FO: Certo. Rompere gli schemi, le posizioni, e di arrivare a liberarsi dalle convenzioni.
    LUTTAZZI: Quindi la satira non ha limiti?
    DARIO FO: Ci sono dei limiti che realizza l’attore. Ma non per frenare, o per pudori e via dicendo. Lo fa per una conseguenza di ritmi, di tempi, di andamenti. Tu puoi dire la cosa piu’ triviale, cosi ad acchito, e puo’ diventare fine, addirittura poetica. C’e’ una sequenza, per esempio, che io mi ricordo. E’ la storia di un sesso femminile che ad un certo punto diventa indipendente. “La parpaia topola”, si chiama. Una ragazza racconta di aver dimenticato il suo sesso su un chiodo con l’acquasantino perche’ andava in chiesa e temeva di perderla li nella chiesa e magari qualcuno ci scivolasse sopra, le rompesse la grazie, l’armonia. Ebbene: e’ tutto al limite della trivialita’, dello scurrile. E alla fine diventa uno dei momenti piu’ alti di poesia di tutto quello che abbiamo.”
    Dall’intervista di Daniele Luttazzi a Dario Fo durante la trasmissione di Rai 2 Satyricon… Mmm è passato qualche anno da quando era consentito parlare liberamente sulla tv pubblica in prima serata. Siamo un popolo dalla corta memoria. Montanelli diceva: “gli italiani non sanno andare a destra senza finire nel manganello”. Forse gli italiani, senza manganello, non sanno andare da nessuna parte.
    Saluti

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