La verità mi fa male lo sai, canta Marco Travaglio

Non le opinioni: queste, anche le più estreme, non hanno mai fatto male a nessuno. I fatti invece, possono rivelarsi dolorosissimi.

Così, con la sua metodica precisione, Marco Travaglio declina la canzone di Caterina Caselli (da poco Ambrogino d’Oro, come il direttore de Bortoli) a pagina 75 del suo libro "La scomparsa dei fatti", Editore Il Saggiatore. E così ha fatto lo scorso giovedì, nella puntata di Anno Zero.

Turpe dictu, ma a chi si è perso i fatti, gli avvenimenti, le gaffes politiche e buche giornalistiche degli ultimi vent’anni, bastano 15 Euro per ri-aggiornasi "un attimino" sul recente passato prossimo del nostro piccolo Paese. Certo, a leggere Travaglio noi giornalisti non ci si fa una gran figura, ma tutto sommato, mi consolo pensando che il peggio servizio all’informazione sembra sia stato quello dei salotti televisivi. Come ha scritto Natalia Aspesi: "mi raccomando, giornalisti tivù, raccogliete solo dichiarazioni. E mi raccomando, non fate contraddittorio, non chiedete spiegazioni, non ricordate incongruenze con il passato".

Così è, se vi pare, il primo capitolo. L’arte di parlar d’altro. Da questa cinquantina di pagine si evince quali notizie "esistevano", e quali stupidaggini sono invece state date in pasto ai cittadini-telespettatori. Inutilità versus dolori. Inutilità, e certe volte anche invenzioni. Per esempio il caso Telecom Serbia, ricordate? Una bufala. E inutilità, invece, come il risveglio dal coma di Alba Parietti (chiedo venia alla signora, ma quel giorno… proprio c’erano altre cose gravi ch’eran successe) al posto della cacciata dal Parlamento Europeo di Rocco Buttiglione.

Marco Travaglio è un precisino per antonomasia. In qualsiasi azienda sarebbe stato perfetto a far le pulci delle analisi e degli analisti finanziari, giusto per puntiglio spasmodico e ossessivo, per l’incredibile memoria (quanti chip gli ha regalato madre natura?), per l’instancabile voglia di fare il "signor no".

Per questo, credo, non stia simpatico a molti. A me invece sì, però.

  • Cristina Tagliabue |

    credo che sia una sorta di enciclopedia vivente. e insieme, un ottimo comunicatore..

  • Andrea |

    Decisamente un bel libro, sia dal punto di vista “politico” che da quello “mediatico”. Per chi fa informazione o comunicazione dovrebbe essere un testo fondamentale: come imparare dagli sbagli altrui, ecco.
    Quello che mi affascina di Travaglio è la sua tecnica: come fa ad avere tutte queste informazioni? Dove le trova? Come le conserva/archivia? è un mistero…

  • Cristina Tagliabue |

    PS. Sul sito di Chiare Lettere trovate la recensione del suo libro, scritto con Peter Gomez e Gianni Barbacetto. Mani Sporche. Così destra e sinistra si sono mangiati la repubblica.
    http://www.chiarelettere.it/

  • Cristina Tagliabue |

    Sì perché secondo me è questo il bello. Travaglio è l’analista dei giornalisti, la nostra coscienza sporca. O pulita, non so. La gente legge i suoi libri. I giornalisti non li recensiscono, perché sarebbe un autogoal di categoria.
    Ma senza uno come Travaglio, non sapremmo molte cose. E’ per questo, credo, che Travaglio ha tanto seguito sul pubblico. Più di tante prestigiose firme di giornali. E sicuramente anche più seguito di alcuni direttori.

  • Francesco |

    Ok, i fatti.
    Però quando leggo-vedo-ascolto Travaglio ( e con lui, Bocca, Beha, Fini, Chiesa, Barbacetto..) non leggo-vedo-ascolto che “contro-opinioni”, magari ben argomentate, magari suffragate da elementi ignorati (consapevolmente?) dal resto dell’informazione. Contro-opinioni, tuttavia, che, specularmente, piegano i fatti pro domo loro, spesso in modo ancor meno convincente.
    Per dire: siamo ben lontani dal giornalismo anglosassone idealtipicamente inteso (fatti separati dalle opinioni). Anche on the dark side of the moon
    (detto questo, non ho ancora letto l’ultimo di Travaglio e mi riservo il beneficio del dubbio…;-))
    Ciao!!

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