Tutti attaccati davanti alla tivù. Da quanto tempo non succedeva più?
Sms con gli amici: ci sei, lo stai guardando, guarda che sta cominciando, vieni a casa dal lavoro e non rompere. Tutti attaccati alla tivù come quando si era piccoli, e si aspettava di vedere qualcosa di più di Avanzi. Qualcosa di più di La tv delle ragazze. Paolini, sempre Paolini, che era qualcosa di più. Molto di più, per tutti.
L’avevamo visto nelle aule dell’Università, nei piccoli teatri di provincia, poi su Rai Due, e infine, ancora, nei grandi teatri, come il Piccolo di Milano, a raccontare la signora Thatcher e i problemi del mondo globalizzato. Ci aveva insegnato il Vajont. Adesso riprende il libro preferito di mio padre, quello mitico che in casa sta sull’altarino – ovvero il comodino importante della camera da letto – e l’ha spiegata, raccontata, fatta vedere, questa ritirata dal Don, che la maggior parte della gente chissà se lo sapeva, dove stava, il Don.
Ebbene. Io non lo so in quanti hanno visto La7 ieri sera. Bello anche Aspettando Paolini di Ferrara, peraltro. Anche se poi non tutti han detto cose sensate, chissenefrega. L’importante è che la cultura passi. E che la divulgazione culturale, finalmente, abbia fatto tornare Paolini, la storia, la memoria dentro le nostre case. Anche se magari, per i casini che ognuno c’ha, non era la serata giusta. E anche se purtroppo, è da quando non si era a lezione all’Università che mantenevamo alta l’attenzione rispetto a una voce, un racconto, uno sguardo, una persona sola – nuda, come diceva Piera degli Esposti – davanti a tutto e tutti.
Grazie Campo dall’Orto. Chissenefrega dello share. Sinceramente, a noi, a noi ci frega di più il tornare a baita di Mario Rigoni Stern. Un grande. E non solo perché è un grande vecchio.