Il target non è la pretesa di offrirci ciò che desideriamo, ma ciò che siamo. Diciamoci la verità, al giorno d’oggi il target è una gran bufala in cui credono ancora in pochi.
Perché segmentando i consumi, si predente di conoscere le persone. Il che, invece, è insostenibile. Visto che le persone non sono più coerenti come una volta. Visto che le persone cambiano consumi e non sono fedeli a nulla. Neppure alla moglie o al marito. Neppure a se stessi. Figuriamoci ad un prodotto, o a uno stile di vita..
Un libro, edito da Bollati Boringhieri, ci spiega perché il target non funziona più. Si intitola Contro il target e il suo autore è Remo Bassetti, che vive e lavora come notaio a Torino, è collaboratore della «Stampa» ed ha fondato e dirige il mensile Giudizio universale.
Oggigiorno credo molto di più in prodotti nati dalla necessità di essere creati, invece che in uno studio sui target e delle sue esigenze. Remo Bassetti approfondisce così questo ingenuo mio pensiero.
Nessuna produzione è ormai pensabile se non è stato preventivamente
individuato il suo target, ossia un insieme di persone intravisto come
possibile fruitore del bene o del servizio. Attraverso il target,
tuttavia, l’azienda si propone di offrire ai consumatori non tanto ciò
che essi desiderano ma ciò che essi sono, e opera affinché la loro
personalità non si sviluppi.
Lungi dall’essere un mero strumento tecnico d’impresa per favorire
l’incontro tra domanda e offerta, il target è alla radice della
cristallizzazione sociale e, quel che è peggio, ha allargato il suo
ambito di applicazione ben oltre il marketing tradizionale. Nella
politica, all’originario compito di orientare la comprensione (cercare
di indirizzare le persone a un’ideologia attraverso la persuasione) è
subentrato quello di comprendere l’orientamento (carpire gli umori
delle persone per appiattire su di essi la propria azione politica).
Nell’editoria i principali quotidiani si sono costruiti un pubblico
su misura, che riconfermano continuamente nelle opinioni che già
possiede. Il risultato finale è che la società non è più abitata da
gruppi di opinione ma da gruppi d’impressione, formati da individui
suggestionabili, conservatori e privi tra loro di relazioni sostanziali.
Può essere sorprendente scoprire che realtà apparentemente
inconciliabili, come il partito di Berlusconi e il quotidiano “la
Repubblica”, producano eguali e dannosi effetti di segmentazione della
comunità. Ma ogni singolo esempio, anche l’università o la produzione
culturale, rivela che il target ormai domina e costituisce le nostre
vite e la nostra personalità. Per riscattarle è necessario abbandonare
la moderna metafisica del consumo e ricercare modelli sociali
radicalmente nuovi. Scoprendoli, imprevedibilmente, persino nel link o
nella metropolitana.
Aggiungerei, anche in taxi…