Ci sono storie – vere – che hai letto ed hanno segnato la tua infanzia. Come quella di Anna Frank. Chi non la conosce, e chi non è stato toccato dalla sorte crudele di una piccola grande ragazzina chiusa in un appartamento per anni, a nascondersi dall’atroce diktat nazista contro gli ebrei.
Ci sono storie – vere – che ti segnano, invece, quando sei più grande. Sono storie diverse, perché forse, oltre che stringerti il cuore, ti prendono anche perché arrivano a influenzare un ordine di pensieri precostituito, toccano la tua sfera intellettuale, oltre che le viscere. Talvolta, arrivano ad invertire i tuoi parametri, a ribaltare quanto credevi, o quanto meno, a metterlo in discussione.
Sono stata lo scorso lunedì alla presentazione del libro di Januaria Piromallo, Il sacrificio di Eva Izsak (Chiare Lettere, 13,60 euro), e ho ascoltato dalla voce di Giulio Giorello e di Maria Luisa Agnese la storia di una ragazzina ebrea che l’autrice ha raccolto dalla voce di Imre Toth, filosofo mancato nel 2000.
E’ la storia di una diciannovenne ebrea ungherese di cui sin d’ora non si sapeva nulla. Mancata nel 1944 non per l’ennesimo eccidio nazista, ma per “mano” di un filosofo che fino a ieri pensavo un grande del ‘900, Imre Lakatos. Una morte ideologica, quella di Eva, perché nata all’interno di un coacervo di uomini e donne guidati al filosofo Lakatos e dominati dalla paura che, se Eva fosse stata catturata, avrebbe parlato, e svelato così i “nomi” e il loro “nascondiglio”. Dissidenti ungheresi che, per proteggersi, condannano ad una morte al cianuro una diciannovenne che faceva parte del gruppo, a tutti gli effetti.
Le testimonianze raccolte da Piromallo sono numerose. Tra queste, il diario ritrovato della sorella di Eva, Maria, ma non solo. Il libro si spinge più in là di un resoconto storico e prova ad entrare nelle viscere della vicenda, raccontando giorno per giorno gli ultimi mesi di una piccola coraggiosa e bellissima ragazzina.
E’ un libro che svela un segreto del Comunismo, anche se è noto che Lakatos fu condannato a tre anni di prigionia dopo la fine della guerra, a causa di questa vicenda. Tre soli anni. Ma Il Sacrificio di Eva è anche un libro che svela come obbedire senza obiettare spesso sia la scelta sbagliata.
Eva, consapevole di doversi sacrificare, accettò la sua sorte di buon grado. Obbedì al “potere” precostituito e non si ribellò ad una sorte atroce. Fosse scappata, avesse atteso qualche mese, forse l’avremmo ritrovata negli anni Settanta in piazza, a rivendicare pari opportunità.
Anche oggi, in un momento in cui l’ideologia non solo è morta ma è quasi ridicola, ci sono donne che pur di non creare scompiglio in famiglia accettano situazioni inaccettabili, e si umiliano in un martirio insensato. Penso a tutte le volte che intorno ad un tavolo ho ascoltato il silenzio assordante di qualcuno che veniva riportato all’ordine.
A volte, uscire sbattendo la porta è non solo necessario, ma salvifico.