Hanno nomi normali, come Rebecca, Sidore, Galatea, Valentine. Hanno case normali, nella provincia americana più povera come nelle prestigiose dimore del centro città. Hanno vestiti normali, pose naturali, acconciature à la page. Hanno famiglie “quasi” normali, fatte spesso di soli uomini che le adorano.
Cenerentole fatte principesse, sulla carta. E invece, tutto il contrario. Sono bambole di plastica che uomini normali si sono comprati, e che usano come compagna di vita, al posto di un essere umano in carne ed ossa. Sono uomini normali che fanno sesso con oggetti somiglianti in tutto e per tutto al genere femminile, ma che sono inanimati. Non hanno vita, se non, quella immaginata dai loro padroni.
Già. Proprio così. Ci sono documentari che hanno spiegato come il commercio delle bambole di plastica più evolute – quelle che, per intenderci, hanno anche una sorta di temperatura corporea – ma più che tante parole possono gli scatti di Elena Dorfman. Fotografa presente a Milano, in Triennale, all’interno della mostra “Immagini inquietanti” che chiude i battenti proprio oggi
, e che merita, per chi non l’avesse vista, una visita.
La Dorfman, artista classe ’65 che vive a Los Angeles, è conosciuta per la sua capacità di fotografare con intensità le sottoculture americane: le sue immagini ad alta definizione, estremamente ricercate, immortalano cose tipicamente difficili da digerire. Da una parte, estrema bellezza, dall’altra, un soggetto atipico. Tanto da stravolgere completamente la tradizione “documentaristica”. L’identità – sessuale, sociale o culturale – è un elemento fondamentale del suo lavoro, tra i cui temi ricorrenti c’è la confusione dei confini che separano fantasia e realtà.E duqnie, in Triennale, ma anche nel catalogo dedicato da Skira, le pellicole di “Still Lovers”, il lavoro che ha portato Dorfman alla fama internazionale, sono esposti, quasi pornografia, a mostrare le vite – verrebbe da dire insulse – di uomini e donne che si accompagnano con bambole di plastica. Il lavoro, puntuale, si concentra sulla vita domestica di uomini e donne che dedicano la vita a bambole gonfiabili in grandezza reale, anatomicamente perfette. L’intenzione non è sfruttare la palese devianza di questi surrogati sessuali, ma piuttosto rivelare l’affascinante mondo segreto di intimità tra la carne e il silicone.
Potrà il silicone sostituire in tutto e per tutto l’essere umano? E quando è, che basterà? La finzione e l’artificio sembrano semplici, negli scatti di “Immagini inquietanti”. E l’artificio, ha a che fare con il gioco.
Nella sua ricerca successiva del 2007, “Fandomania: Characters & Cosplay”, la Dorfman si è concentrata sul “costume play”. Fenomeno di cultura popolare importato dal Giappone. I soggetti di questa serie sono fan sfegatatati che partecipano ai raduni in tutto il mondo e che si vestono e vivono come i personaggi di videogiochi, manga e anime giapponesi. Still Lovers e Fandomania sono accompagnati da monografie. E il suo ultimo lavoro, “The Pleasure Park”, ha ancora a che fare, anche se lontanamente, con questo universo. “The Pleasure Park”, di cui sono visibili immagini sul suo sito internet, è un video dedicato ai cavalli ed al mondo del gioco, che lascia senza fiato: uno sguardo a 360 gradi sul mondo delle corse di cavalli purosangue e dei fantini, un film panoramico di 5 minuti, che ricostruisce una corsa di cavalli ed esplora l’ambiente dell’ippodromo. Ritratti fotografici di cavalli da corsa ambientati in studio completano la serie, presentando questi formidabili e flessuosi animali fuori dalla pista, privati di riferimenti visivi.
Anche se le bardature rappresentate alludono al rituale e allo spettacolo della corsa ippica, gli animali sono sospesi nel movimento, lontani dalla cultura mercificante e della vittoria a qualsiasi costo. L’intento all’origine di The Pleasure Park è catturare la compostezza e la capacità di recupero dell’animale che passa fuggevole nello spazio, collocando lo spettatore direttamente nell’ambiente delle corse e creando una sensazione travolgente di bellezza della forma fisica e della forza pura degli atleti.
Ci riesce, la Dorfman, a colpire ogni volta. Ma le bambole di plastica alla Triennale….