Dopo aver letto “La vocazione minoritaria” di Goffredo Fofi – ovvero un’intervista al grande vecchio di Oreste Pivetta – mi sono annotata qualche fofismo, che condivido felice con voi…
“Dice Camus: che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi.”
“l’indignazione è una merce molto facile da usare, anche perchè ti fa sentire dalla parte della ragione e ti dà un nemico con cui prendertela, ti evita di fare i conti con te stesso, con le tue complicità, con le tue mezogne.”
“non amo particolarmente i gruppi organizzati e per “Lo Straniero” per esempio preferisco parlare di area. Area è una parola che mi fa pensare ad aria, a qualcosa che si muove senza barriere. Non parlo neppure di “reti”, che è un termine di moda, riferito di solito a internet e all’economia, ma mi infastidisce perchè evoca l’idea dei pesci – noi – che veniamo catturati per esser fritti in padella secondo il gusto di chi comanda. Parlo di “area” perché questa parola mi evoca qualcosa di arioso, qualcosa di libero dalla burocrazia, qualcosa di libero che consente a chi vuole di ritrovarsi, di collegarsi ad altri, di organizzarsi con maggiore sintonia possibile, ma anche con l’espansione delle proprie qualità e della propria soggettività”.
“Credo che il collegamento debba rimanere molto stretto tra urbanistica e pedagogia, tra polis e l’educazione: in entrambi i casi parliamo del futuro. Oggi, a dirlo, sembri uno sfrenato utopista, mentre si tratta di cose ovvie, o che dovrebbero essere ovvie per tutti”.
E poi l’ultima, che suona come testamento, anche per noi…
“si ha l’obbligo, credo, di essere all’altezza dei nostri tempi, e cioè presenti al proprio tempo: i principi restano gli stessi, ma i metodi è d’obbligo che vengano adeguati alla situazione”.
Si