Neve, sentirsi in colpa e Tito Boeri

Stamattina nevicava, a Milano come a Polignano a Mare (qui sotto nella foto). Sono uscita di casa ed ho fatto colazione con un’amica giornalista, mia vicina di casa. Poi sono andata a camminare al Parco, dove la neve, praticamente, non era neppure calpestata… Mentre passeggiavo al freddo, felice, ho ricevuto qualche telefonata, di persone arrabbiate per il traffico, e per la difficoltà di raggiungere il posto di lavoro. Un casino per tutti…. che alla fine mi ha tolto – poco, non tanto – la bellezza della passeggiata che avevo scelto di fare.

La questione fa il paio con un’altra mia scelta, un po’ più importante, che mi è stata contestata dal famoso professore Tito Boeri in una conferenza incontro di qualche giorno fa. Secondo lui, ci vorrebbe un contratto per tutti, e tutti dovrebbero essere assunti. Inoltre, gli pareva di sentire dalle mie parole una certa amarezza per non avere la pensione garantita, le ferie e tutto il resto. Ha detto, davanti a una platea di studenti "questa ragazza (ragazza, non donna, e ho pure 35 anni!) ha un’insoddisfazione di fondo, e sarà la prima ad essere eliminata dal sistema produttivo, visto che i precari sono i primi ad andarsene…".

Ebbene, caro professore. Lei può passeggiare sotto la neve, MA ANCHE avere un contratto fisso. Certi altri no, invece. Io ho scelto di non avere un contratto e di non essere più assunta in vita mia, ma non per questo mi sento precaria, né tantomeno infelice. Consapevole di una scelta, credo di portarla avanti con dignità e impegno. Perché mi deve dare addosso così, gratuitamente? Ma lo sa, professor Boeri, quante persone ci sono in Italia, come me, che – anche preso atto di una situazione –  hanno scelto che una camminata sotto la neve vale quanto i giorni di malattia pagati?

Come io rispetto le scelte di chi è assunto, mi piacerebbe che chi è assunto e garantito rispettasse le mie e quelle delle persone come me.

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  • Claudio Resentini |

    Fa bene Paolo Buscemi a usare il condizionale: nascere bene non DOVREBBE influire sulla libertà, come prescrive la Costituzione.
    Il punto è che la possibilità concreta di fruizione di molti diritti civili e sociali è ancora pesantemente condizionata dalle condizioni socio-economiche di partenza degli individui.
    Forse c’è stato un fraintendimento del mio pensiero. La mia affermazione non aveva carattere “prescrittivo”. In parole povere, non intendevo certo affermare che tutto ciò è un bene o sia auspicabile. Anzi, volevo proprio denunciare il permanere di uno stato generale di diseguaglianza e di ingiustizia tra i cittadini.
    Spero di essere stato più chiaro ora.

  • Paolo Buscemi |

    Concordo sicuramente per quanto riguarda il distinguo tra Precarietà e libertà ma non sono assolutamente daccordo per la seconda affermazione, perchè il nascere bene non dovrebbe influire sulla libertà o sulle libertà! Quelle sono fissate dalla costituzione italiana ( se non sbaglio c’è propio un sottotitolo “diritti e doveri”) ovviamente poi l’economia influisce in molti altri campi, anche troppi, della nostra vita al punto che pensiamo solo a quello!

  • Claudio Resentini |

    Forse non c’è bisogno di fare questo distinguo, ma è sempre bene ricordare che bisogna fare attenzione a non confondere la precarietà con la libertà. C’è chi è costretto a subire la prima e chi può permettersi di scegliere la seconda. La differenza sta ancora, a dispetto di chi pensa e propaganda la tesi opposta, nelle diverse dotazioni iniziali di capitale (economico, culturale e sociale). La differenza, insomma, la fa ancora il nascere “bene” oppure no.

  • Enrico Neiretti |

    Grazie per il consiglio di lettura Cristina; il tentativo faticoso di essere, di non connotarsi unicamente attraverso l’avere, è per me mestiere quotidiano, a volte disordianto, spesso contraddittorio, ma sempre intenso.
    Leggerò di sicuro il libro di Fromm.
    Un saluto.

  • Cristina Sivieri Tagliabue |

    Grazie Paolo e grazie Enrico. Entrambi avete ragione. Pagheremo caro, pagheremo tutto. Pagheremo il tempo libero che non abbiamo, regalandolo a chi andrà in pensione. E quando saremo vecchi, pagheremo lavorando ancora.
    Per Enrico: stavo rileggendo “avere o essere” di Eric Fromm. Per chi è un po’ che non lo prende in mano, consiglio una rilettura perché quando parla del lavoro, dice cose parecchio attuali, che riporto qui: “Il ritmo della successione di notti e giorni, di sonno e veglia, di crescita e di invecchiamento, la necessità di mantenerci con il lavoro e di difenderci, sono tutti fattori che ci obbligano a rispettare il TEMPO se vogliamo vivere, e i nostri corpi ci obbligano a voler vivere. Ma una cosa è rispettare il tempo, tutt’altra cosa è SOTTOMETTERGLISI. Secondo la modalità dell’essere, rispettiamo il tempo, ma ad esso non ci sottomettiamo. Ma questo rispetto per il tempo diventa sottomissione qualora a predominare sia la modalità dell’avere. In essa, non soltanto le cose sono cose, ma tuto cio che è vivente diventa una cosa. Nella modalità dell’avere, il tempo diviene il nostro denominatore. Nella modalità dell’essere, il tempo è detronizzato, cessa di essere l’IDOLO che governa la nostra vita”. Pag 170. Baci e buona serata!

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