Per fortuna, piccoli imprenditori crescono

Belle sorprese. Secondo una ricerca Bocconi il 5% di adulti italiani ha avviato un’attività imprenditoriale nel 2007.  Dagli studi della prestigiosa Università, ci stiamo davvero dando da fare, noi italiani. La creazione di nuove imprese in Italia è in crescita, frenata SOLO dalla difficoltà nel reperire fondi e da uno scarso ottimismo per il futuro…

Nel 2007 la voglia d’impresa in Italia, considerando le nuove attività avviate o in avviamento, è cresciuta rispetto al 2006, passando dal 3,5% al 5%, avvicinandosi al dato del Regno Unito (5,5%) ma rimanendo al di sotto della media europea (5,9%). La nuova imprenditorialità è concentrata per due terzi nel settore dei servizi, a basso contenuto tecnologico, ed è penalizzata dall’accesso a risorse finanziarie, oltre che da tasse e burocrazia.

Nonostante solo l,2% abbia chiuso la propria attività nel 2007, gli imprenditori hanno, infatti, aspettative basse sulla crescita delle loro attività. Inoltre, le donne hanno difficoltà a far crescere nel tempo le loro attività. È questo lo scenario illustrato dal rapporto di EntER Bocconi, il Centro di ricerca imprenditorialità e imprenditori dell’Università Bocconi, sull’ l’imprenditorialità in Italia nel 2007, che verrà presentato oggi.

Lo studio, realizzato con il contributo di Ernst & Young e
Atradius Credit Insurance, è la sezione sull’Italia del rapporto GEM
2008 (Global Entrepreneurship Monitor), giunto alla 10° edizione e
realizzato da un consorzio di centri di ricerca, che quest’anno ha
intervistato 150.000 adulti per analizzare l’evoluzione
dell’imprenditorialità in 42 paesi.

Secondo i risultati, il 5% del campione di 2.000 adulti italiani
intervistati ha partecipato nel 2007 alla creazione di una nuova impresa

(in una fase che va dall’avvio ai primi 3,5 anni di un’impresa). Questo
tasso si rivela più alto di paesi come la Francia (3,2%), vicino a
quello di paesi come la Gran Bretagna (5,5%), al di sotto della media
UE (5,9%) e notevolmente dietro a paesi come gli Usa (9,6%) e la Cina
(16,4%). Un dato comunque in crescita e con un tasso medio del 4,5% nel
periodo 2002-07.

E chi sono, dunque, questi giovani corraggiosi? L’identikit
del tipico imprenditore italiano nelle fasi iniziali, tracciato dallo
studio, è maschio, di età compresa tra i 25 ed i 34 anni e ben
istruito. Il 36%, infatti, possiede una laurea, un tasso superiore a
paesi come la Gran Bretagna e gli Usa. La proporzione in Italia di
donne a uomini tra gli imprenditori in fase iniziale della loro
attività (50 a 100) è in linea con altri paesi europei ma cala
notevolmente quando si guarda agli imprenditori ben avviati (23 a 100),
uno dei rapporti più bassi del mondo. Segno che le donne in Italia
hanno difficoltà nel trasformare le loro iniziative in attività
imprenditoriali di lunga durata. 

Due terzi delle nuove imprese che nascono in Italia sono nel settore dei servizi: il 37,5% nei servizi di consumo (come negozi, ristorazione e assicurazioni) e il 31,3% nei servizi d’impresa (come analisi dati, telemarketing e traduzioni).

Riguardo alle prospettive, gli imprenditori italiani indicano delle
basse aspettative di crescita delle loro attività dovute alla
specializzazione in settori tradizionali, piuttosto che in quelli ad
alto contenuto tecnologico, e alla difficoltà nell’accedere a risorse
finanziarie. Il 25% dei nuovi imprenditori in Italia ritiene di offrire
nuove comb! inazioni prodotto/mercato, cioè nuovi prodotti o servizi
con concorrenza limitata, anche se meno del 7% delle nuove attività è
ad alto contenuto tecnologico. Questo contribuisce a spiegare perché
gli imprenditori italiani hanno aspettative particolarmente basse
riguardo alla crescita futura delle loro attività rispetto ad altri
paesi ad alto reddito.

Solo l’1,2% del campione ha chiuso la propria attività nei 12 mesi
precedenti, un livello tra i più bassi in Europa. Su questo fronte
desta però preoccupazione il fatto che il 23% cita come motivo la
difficoltà nel reperire fondi, la percentuale più alta tra i paesi ad
alto reddito. Tale difficoltà viene confermata anche da un’altra
sezione del rapporto che utilizza come fonte un’inchiesta tra
imprenditori ed esperti nazionali di imprenditorialità. Essi, infatti,
collocano l’Italia tra gli ultimi paesi europei! riguardo alla facilità
di reperire fondi (21° su 2! 2), alle infrastrutture disponibili (21°),
alla pressione tributaria e alla burocrazia (19°) e alla percezione
delle opportunità presenti per avviare un’attività imprenditoriale
(21°).

Per altre informazioni sul rapporto completo GEM 2008, ecco due siti
internet: www.unibocconi.it/enter (per il rapporto italiano) e
www.gemconsortium.org (per il rapporto globale)