Sabato mattina, tutti vestiti di verde al funerale di Pippa Bacca.
Un modo per salutarla insieme, alle 11.00, in Corso Garibaldi.
Qui di seguito un suo ricordo uscito su Nòva24 di oggi.
In pochi l’avevan conosciuta, come Giuseppina. Già dagli ultimi anni del Liceo, tutti la chiamavano semplicemente Pippa Bacca. Il nome se l’era scelto d sé: burlone, autoironico, scanzonato ma al tempo stesso elitario ed impegnato. Pippa, diminutivo simpatico di Giuseppina. Bacca, forse a creare una doppia consonanza, molto a spiegare il periodo delle mostre dedicate a Bacco, forse a raccontare il perché di tutti i suoi abiti rigorosamente verdi, dei suoi mezzi rigorosamente ecologici (la bicicletta), del suo conoscere i significati delle parole (non aveva studiato arte, aveva fatto il Liceo Classico e un giorno, in vecchiaia, sognava una laurea di Matematica).
Bacca. Un modo per smitizzare il cognome troppo lungo ed eccentrico (Pasqualino di Marineo) e per far dimenticare l’eredità che pur portava, alle spalle, di uno zio tanto importante e noto, con un cognome (Manzoni) e una storia difficile da superare.
Pippa, delle glorie del passato, aveva deciso di riderci sopra. Aveva definito, sin da piccola, di portare con sé la lezione dell’autoironia anche sdoganarsi da circuiti altisonanti che l’avrebbero portata ad un sicuro successo, ma che sarebbero stati legati, sempre e comunque, alla sua storia di “nipote di”. E che forse l’avrebbero portata a fare arte in modo diverso. Forse meno spontaneo, forse meno aperto e generoso.
Pippa Bacca, sin dall’inizio – non soltanto nell’ultimo tragico brides on tour – aveva scelto di camminare da sola. Aveva intrapreso un percorso personale che l’aveva portata a non studiare le arti, ma a praticarle.
Dopo gli studi classici in centro Milano, quindi, Pippa aveva iniziato ad “operare” ed esporre. Tecnicamente operare, perché la maggior parte dei suoi lavori erano frutto della mediazione di uno strumento: le forbici. “Non so dipingere – diceva senza vergognarsene – e uso le forbici per ritagliare le sagome. Un artista non si misura più con il pennello, ma con le idee” spiegava a chi le chiedeva il perché dei suoi alberi appiccicati su tela con la colla, dei suoi architetti e personaggi ritagliati con la carta e contenuti all’interno di sacchettini trasparenti, dei suoi continenti – l’Africa – ritagliati dai sacchi della spazzatura e appoggiati a terra. Giusto il tempo di un pic nic degli amici. Giusto il tempo di pensarci un attimo, di riflettere sui paesi che “immagazzinano” i nostri rifiuti.
Il bello di Pippa Bacca, per le tante persone che l’han conosciuta e per quelli che non hanno avuto questa fortuna, era la spontaneità, e la “presa diretta”. Mentre artisti internazionali commentano i fatti accaduti in Turchia spiegando che il gesto artistico di “fidarsi dell’altro” avrebbe dovuto essere “sotto controllo”, Pippa Bacca, come tanti giovani e non che ancora credono nelle buone intenzioni del prossimo, è andata sola, sorridendo, incontro alla morte. Se fosse stato chiunque altro famoso autore, si sarebbe munito di un sistema di pubbliche relazioni, di un fotografo, di un cameraman, di una sicurezza e di una serie di “facilitazioni” affinché l’opera d’arte e il gesto artistico (il viaggio nei paesi toccati dalla guerra, l’abito da sposa) fossero visti, raccontati e spiegati al più vasto pubblico possibile, con impossibilità di pericolo, e continui controlli alle persone ospitanti (le loro case, le loro auto).
Invece Pippa, da artista contemporanea che è, ha scelto di fare tutto da sola. Il bellissimo vestito di sartoria si sarebbe – e lo è stato – impreziosito del contributo di tante altre donne di paesi che non siamo soliti conoscere e osservare. Per il resto, il racconto sarebbe avvenuto tramite un blog, tramite fotografie scattate da lei stessa, tramite una telecamera che uno sponsor aveva gentilmente messo a disposizione, ma che lei, insieme alla compagna di viaggio Silvia Moro, avrebbero utilizzato.
E’ avvenuto tutto come lei l’ha raccontato, e come le immagini che ha pubblicato su internet ci hanno illustrato. Prima di partire, lei stessa, Pippa, aveva inviato una email alle amiche, che iniziava con una frase di Fabrizio De André: “Della guerra sono stanca ormai, al lavoro di un tempo tornerei, a un vestito da sposa o qualcosa di bianco, per nascondere questa mia vocazione, al trionfo ed al pianto.” Non si sa se al ritorno si sarebbero sposate, le due artiste, al loro ritorno, ma così spiegavano il progetto di un racconto, del mondo al femminile: il viaggio è da sempre un mezzo ed un fine, è una scelta di vita o per alcuni l’unico modo possibile di vivere, è la metafora della vita stessa.
Viaggiare con mezzi poveri mette in relazione il viaggiatore con la popolazione locale; viaggiare in autostop, fa sì che uno straniero si metta nelle mani di altri viaggiatori, ma ancora piu spesso dei locali o di chi dello spostamento ha fatto il suo mestiere. La scelta del viaggio in autostop è una scelta di fiducia negli altri esseri umani, e l’uomo, come un piccolo dio premia chi ha fede in lui. Questo è il frutto delle tantissime esperienze in autostop che nella vita di Pippa Bacca, l’hanno portata in giro per l’Europa, sino a San Pietroburgo, Istanbul, Finisterre, Irlanda e nel nord e centro America. Dall’incontro con Silvia Moro, che al viaggio ha dedicato le sue ultime performances, è nato un sogno ambizioso e poetico.
Il sogno di percorrer in autostop i paesi che sono stati sconvolti da guerre recenti e non sempre completamente sedate. Il viaggio non sarebbe il normale viaggio di due viaggiatrici ardite, ma il viaggio di due bellissime spose vestite per un matrimonio che forse è già avvenuto o che non avverrà o forse è rappresentato dal viaggio stesso. Un matrimonio con la terra, la pace,con la gente tutta, alla ricerca dello sposo? Chi è e cosa rappresenta lo sposo? La sposa è il bianco, la luce, il femminino, generatrice di vita, quindi di pace, dell’amore e della purezza.
L’abito, l’unico che porteranno con sé, inevitabilmente perderà il suo candore per arricchirsi e diventare il supporto, il testimone, il diario narrato dalle tracce lasciate dalle materie dei luoghi attraversati, dai reperti raccolti lungo il cammino… e dai ricami delle donne locali per esempio, essendo il filo, in tutto il mediterraneo l’elemento decorativo e quindi di narrazione, di tutti gli abiti da sposa.
Un’altra autrice, Fiorenza Infascelli, aveva dato un tragico inizio alla pellicola che aveva girato, dal titolo “Il vestito da sposa”. Era la storia di una violenza subita, e di un matrimonio purtroppo mai avvenuto. Alla partenza del viaggio di Pippa Bacca, che abitava in corso Garibaldi, in centro Milano ma in una casa “popolare”, c’era stata una piccola festa. Oggi, ritornata a Milano, mancano due giorni per salutarla. Forse, anche un momento come il suo funerale, Pippa avrebbe parlato di pace. O di trionfo e di pianto, come cantava De André.