Il Guglielmotel e i Centri Commerciali Naturali

Ieri me lo chiedevo all’interno della pagina di creatività di Nòva24: chi è l’imprenditore brianzolo che si è giocato il tutto per tutto con questo assurdo nome, che ricorda la Svizzera, e che fa tanto ridere e sorridere tutti?

Guglielmotel.
Povero Guglielmo Tell? Oppure, beato Guglielmo Tell, ad esser ricordato così ironicamente proprio qui, nel Belpaese? 

Chissà… Secondo me, va a gusti.

Poi, sempre nello stesso articolo, si parlava in generale del futuro dei piccoli paesi di provincia.

Hanno coniato un termine, i professori universitari, che quello sì ha fatto rabbrividire: dicono che i piccoli centri di provincia devono trasformarsi in centri commerciali naturali.

Brutta storia. Brutto nome. Brutte cose.

Qui di seguito il pezzo pubblicato ieri…

Per chi è assiduo dell’autostrada Milano-Venezia, i paesini di Cavenago-Cambiago sono associati ad uno strambo ricordo: un tale GuglielMotel che campeggia poco distante dallo svincolo, e che chissà quale fantasioso imprenditore si è inventato…

Per i forzati dell’automobile in direzione del capoluogo lombardo anche questo azzardato gioco di parole è segno distintivo di “provincia”. Più in particolare, dell’operosa-fantasiosa e talvolta bizzarra Brianza, che ne inventa tante, che magari fanno ridere e storcere il naso, ma che intanto cresce, ri-cresce e stracresce.
E tuttavia, oggi, esiste ancora un termine che spieghi ciò che non è più campagna, ma che non è narrato, soltanto, dal termine periferia?

Prendiamo la Brianza. Un posto dove abitano centinaia di migliaia di persone, che ogni giorno si fiondano a Milano per lavorare, ma che poi, nei fine settimana si accalcano nelle torri del Warner Village di Vimercate (altro paese, non lontano da Arcore) o negli ipermercati-outlet meta di pellegrinaggio e intrattenimento.
Provincia. E provinciali. Sarebbe bello chiamarli così, i cittadini dei piccoli centri. Sarebbe più facile catalogarli con un po’ di puzza sotto il naso. E invece non solo la provincia stupisce – il 1 febbraio scorso, al Warner Village di Vimercate c’era Umberto Galimberti a parlare, e i 500 posti di una sala non sono bastati ad ospitare la fila di centinaia di persone che, seppur arrivate in anticipo, non sono riuscite ad entrare – ma si trasforma. Affinché la sua storia non venga inghiottita dal commercio che acquista terreni e costruisce immobili per creare fittizi luoghi di aggregazione. O affinché i comuni utilizzino i grandi centri commerciali per fare cultura. Oppure, ancora, perché i piccoli centri si trasformino in centri commerciali naturali.

Sì. Siamo a  questo punto della storia, aihmé. Si studiano le dinamiche che legano i piccoli negozi all’interno dei “mall” per ricreare connessioni e collaborazioni simili all’interno dei piccoli paesini.
“I comuni e i piccoli centri storici – spiega la professoressa Manuela Ricci, direttrice di Focus, centro di ricerca dell’Università La Sapienza che insiste sulla valorizzazione dei piccoli centri – devono prendere spunto dalle regole dei grandi aggregati commerciali, e diventare così centri commerciali naturali. I piccoli luoghi del passato hanno bisogno di trovare delle regole comuni, come la qualità delle vetrine, le garanzie sulla merce in vendita, le manifestazioni o le iniziative trasversali, per sopravvivere allo spopolamento”.

Centri commerciali naturali: che brutto nome si sono inventati, per coniare il futuro dei piccoli paesini. Per fortuna, però, non solo questo ci aspetta. E non solo questa cruda realtà. che peraltro non possiamo disconoscere, è la fotografia di una periferia, di una provincia, di una “campagna” che non soltanto chiede attenzione, ma che già oggi è al centro di studi, convegni, conferenze, master universitari.
Il prossimo evento in proposito si chiama Extra Small. Un convegno che si terrà il prossimo 15 febbraio a Orvieto, a Palazzo del Popolo, e al tempo stesso un piccolo festival organizzato a Spoleto il settembre prossimo.

Extra Small. Centri Commerciali Naturali. Abbiamo chiesto alla professoressa Ricci quali sono le eccellenze che verranno portate ad esempio durante il convegno, e ci siamo un po’ rincuorati: “nel piccolo comune di Stradella (al contrario di una non lontana Milano in cui si lamenta la carenza di artigiani, ndr) l’arte della produzione di fisarmoniche è stata valorizzata dal Comune, che ha costruito intorno a questa identità manifestazioni culturali”. Certe volte è semplice, dunque. Basta lavorare intorno a quello che c’è. “Oppure mettersi insieme – continua la Ricci – come è successo in Veneto con il Consorzio Vega. Perché sa, la difficoltà principale, nei comuni italiani, è abbandonare le logiche individuali per creare una maggiore forza attraverso il network, e un’organizzazione collettiva”.
Già. Problema antico e ancora molto attuale, per l’Italia, l’incapacità di “lavorare insieme”. I centri commerciali già lo fanno. I comuni si dovranno adeguare.

Nel frattempo, in questa logica extra – Extra Small, che fa la coppia con l’Extra Large degli outlet, dei vestiti dei rapper, dei macchinoni 4×4 e di una filosofia di vita “comoda” – si stanno rifugiando in molti. Artisti, anche. Tiziano Soro, per esempio.

Nato a Milano nel ’79 e vincitore, nel 2007, del Premio Studente presso l’Accademia delle Belle Arti di Brera, oggi vive in uno di quei paesi della Brianza che terminano in “ago”. Cambiago, per la precisione. E sarà un caso, ma i suoi lavori (fino al 29 febbraio a Spazio in Mostra, Milano) sono schiettamente e sarcasticamente Pop. Come i centri commerciali. O come i Centri Commerciali Naturali.

  • Cristina Tagliabue |

    E noi andremo a SCOPRIRLO!!

  • docciascozzese |

    come sai adoro il guglielmotel e la sua insegna con la mela. sospetto che in realtà sia una sede distaccata della cia perchè non ci ho mai visto una macchina nè un segnale di vita umana. ma questo lo rende ancora più attraente. chissà cosa nascondono quelle vetrate fumèe.

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