L’anno europeo delle pari opportunità se n’è andato: che cosa è rimasto?

A un mese dalla chiusura dell’anno europeo per le Pari Opportunità, e il giorno successivo all’incontro Donne e Leadership del Sole 24 Ore , mi stavo chiedendo cosa ne è rimasto, dei nostri intenti, dei nostri incontri, e delle nostre conversazioni.

Parole, parole, parole. E poi, i pochi fatti, che tardano ancora ad arrivare. Leggiamo anche sul Corriere che nelle aziende, i nostri Cda sono ancora incravattati, osserviamo che la maggior parte degli intellettuali che scrivono sono preferibilmente uomini. Anche la maggior parte degli intellettuali che parlano, a dire il vero. E poi, ovviamente, anche di quelli che dirigono (istituti, aziende, fondazioni, giornali non prettamente femminili o popolari, consorterie, lobbies e logge, cariche politiche di un certo peso, banche, reti televisive, radio e via dicendo).

Osserviamo che quando qualcuno ci dice che no, che non è vero, cita soltanto  eccezioni. Di solito (a parte Rosi Bindi) composte da donne preferibilmente di bell’aspetto, e ben vendibili sul piano mediatico. La signora che fa questo. La signora che fa quell’altro.

Fondamentalmente, in primis, per fare carriera ci viene richiesto di essere belle. Poi, forse, il curriculum, e tante grazie. Questo aspetto della bellezza, se è una gran facilitazione per molte, è anche una grande gabbia dalla quale è difficile liberarsi. Soprattutto in ambiti in cui l’intelligenza dell’uomo è soggiogante, e non accetta confronti alla pari.

A trentacinque anni di età mi è successo, di sentirmi soggiogata, decine di volte. Quello che dici, è come se passasse sempre e comunque in secondo piano. Quello che scrivi, per fortuna, un pò meno. In questo senso la scrittura, almeno per me, è un bel rifugio.

E tuttavia non è giusto. Goffredo Fofi la scorsa estate mi diceva che il maschilismo, in ambito culturale, è ancora dilagante. Paradossalmente, più che negli anni Settanta. Credo che abbia ragione. Credo che una donna che voglia far cultura, sul serio, o parlare di cultura in modo indipendente, oggi faccia ancora molta fatica.

Paola Bonomo, direttore marketing di Ebay Italia, mi racconta di esempi positivi all’interno del management. Lei stessa ne è una testimonianza vivente: bella, intellingente, impegnata, proattiva. Che insieme ad altre "colleghe" direi quasi, professioniste, sta istituendo una sorta di associazione trasversale. Per entrare nelle scuole, e raccontare alle ragazze, e ai ragazzi, che è possibile riuscire. Ed è possibile crearsi un futuro.

Credo che Paola abbia ragione. Anche io ho fatto il manager, e dentro le aziende, all’interno dei "ranghi", oggi possiamo dire di essere in molte. E, a quanto ne so e ho avuto modo di vedere, anche molto brave.
Manchiamo però dai timoni di comando.

Ed è triste da dire, ma soltanto se sei al comando di qualcosa, per una donna, è semplice farsi ascoltare.

  • Cristina Tagliabue |

    Grazie dei commenti.
    Per Chiara: sì io spero proprio che la strada sia da proseguire, perseguire, e con molta energia, anche a gruppi come i vostri (blog e non blog)
    Per Guido: sì avevo detto di proposito che Paola è bella. Non sono uscita di proposito, dai binari. Tristemente
    Per Andrea: hai ragione, anzi, super-ragione. La meritocrazia non funziona, o almeno, non funziona sempre. E anche le logiche dei sindacati. Non mi ci ritrovo neppure io, anche se rispetto il loro lavoro. Ma se la meritocrazia, in generale, per tutti, non funziona, allora immaginati le minoranze e le differenze quanto sono ancora più svantaggiate, all’interno di questa cornice. Perché è così. In ogni livello e in ogni settore. Quello degli amministratori delegati come quello degli impiegati, e delle professioni più disagiate.

  • andrea |

    Credo che uno dei principali problemi della nostra società sia la difficoltà nel riconoscere il merito. Indipendentemente dal genere o dal colore della pelle. Credo che se non risolveremo questo problema (nella politica, nelle amministrazioni pubbliche, nelle imprese private, etc.), parlare di Pari Opportunità sarà sempre e solo un esercizio di stile che rischia di sfociare in stereotipi.
    Se, ad esempio, nelle aziende le professionalità fossero valutate con criteri meritocratici oggettivi e “a prescindere” (ovvero a prescindere dal sesso, dalle etichette, dai titoli, dalle simpatie, dalle opportunità, etc.), forse si potrebbe davvero affrontare seriamente il tema delle pari opportunità. Purtroppo nelle aziende italiane (a parte alcuni casi che lasciano aperta una speranza) ciò mi sembra non avvenga. E finché le parti sociali litigheranno sulle 20-30 Euro di differenza nelle richieste di rinnovo dei contratti (si veda la recente trattativa per il rinnovo dei metalmeccanici) non c’è speranza di cambiare il sistema. Scusate l’amarezza…

  • Guido |

    Essendo padre di due bambine bellissime, combatto una lotta asperrima per mostrare loro che il loro valore non consiste nell’aspetto, ma ti giuro, è durissima. Principali antagonisti? Madri infiocchettanti, maestre stereotipanti …
    L’avvelinamento delle donne italiane è una delle più gravi conseguenze della berlusconaggine italiana, e credo che in futuro ce ne toccheranno dosi da cavallo.
    Ma guarda pure la tu: come descrivi Paola Bonomo? ‘bella, intellingente, impegnata, proattiva’. Avessi tu dovuto descrivere me, che aggettivi avresti usato? Bello forse? E sì che oscuro Apollo … 🙂

  • Chiara |

    Speriamo che l’anno nuovo sia un anno di maggiori opportunità per le donne rispetto a quello passato!
    E speriamo anche che i nostri intenti, i nostri incontri e le nostre conversazioni abbiano almeno gettato le basi per qualcosa di ulteriore, e non si dissolvano nel nulla.

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