Si pronuncia Miranda Julai. Come Skai.
Finalmente la trovo in un palinsesto, e ne sono felice. Miranda è uno dei miei massimi riferimenti, circa la cultura "del momento". Una delle poche artiste poliedriche, e universalmente riconosciute. La dimostrazione del fatto che si può essere ottimi scrittori, registi, artisti, anche, al tempo stesso donne. E femminili.
Dunque Sky porterà in televisione il suo piccolo gioiellino Me and you and everyone we know. Era ora.
Per chi non la conoscesse, oltre ad essere linkata al mio sito, e quindi "universalmente consultabile", ecco qui di seguito un articolo che avevo scritto su di lei, qualche mese fa.
Per le giovani autrici americane, è una sorta di mito vivente. Per noi italiani, che l’abbiamo conosciuta attraverso il suo film, prima – Me and you and everyone we know – e con il suo libro, poi – No One Belongs Here More Than You – edito da Feltrinelli, è già un punto di riferimento nel confuso panorama editoriale di Oltreoceano.
Ma chi è, veramente, Miranda July? All’anagrafe Miranda Jennifer Grossinger, nata a Barre, nel Vermont. Età: 33 anni. Al suo attivo, molto di più di quanto conosciamo oggi, e tutto costruito con produzioni indipendenti. Per esempio, due album musicali e un ep. Undici cortometraggi, prima del film che le è valso la Camera d’Or al Festival di Cannes. Una serie di racconti pubblicati nelle riviste più prestigiose d’America – Harper’s Magazine e il The New Yorker – e un libro che li raccoglie. Inoltre, numerose performance di videoarte e multimedia nei teatri di tutta America, e amicizie con i più importanti filmaker del momento.
Chi è Miranda July, quindi? Il suo blog è stato un passaggio obbligato per le pink ladies di tutto il mondo. Oggi, a guardare il suo sito, ci si trova un percorso scritto in pennarello, sul suo frigorifero. A furia di cliccare, si passa nella zona bianca in mezzo ai fornelli – vintage – che invita a scegliere il libro giusto a seconda del colore del proprio abito (negli Stati Uniti, la pubblicazione è stata vestita in due colori: giallo e fucsia).
Fashionable, Miranda July… In Italia piace molto ai pubblicitari, ai creativi per antonomasia, che l’hanno scoperta già da un pezzo, e associata al fluttuante personaggio di Michel Gondry, anch’egli a metà tra videoclip, cinematografia e il mondo degli spot. Anch’egli testimone di una cultura della leggerezza, della dolcezza dell’immagine e del sentimentalismo svisceratamente mostrato.
A chi le chiede come mai si esprima attraverso così tanti media, Miranda risponde: “Potrei lavorare in parallelo con tutti i media per sempre. C’è solo bisogno che qualcuno ti dia il permesso di entrarci. E quando c’è, diventa tutto più semplice. Quello che mi interessa, nei diversi campi espressivi – continua la July – sono le loro limitazioni. Il loro confine. Quello che mi succede oggi è di avere delle idee, e di pensare successivamente alla loro realizzazione. Una sensazione può essere espressa meglio con la scrittura, e un’altra con un’immagine. E’ difficile da spiegare, c’è qualcosa di magico in tutto questo…”.
Ma al di là degli strumenti utilizzati, l’interessante, dell’artista, è altrove. Questa ragazza dallo sguardo trasognato, che impudicamente racconta la sua stanza da letto come fosse il centro del mondo, questo soffermarsi sui piccoli gesti quotidiani che però narrano così bene i differenti modi di approciare la vita, e di viverla, ha infranto un grande tabù. Ovvero, ha reso importanti tutti gli stupidi riti quotidiani di noi tutti, gente normale. Movimenti del corpo e dell’anima che spesso consideriamo noiosi o privi di senso, e che tendiamo a nascondere agli altri, come a noi stessi.
Alzarsi dal letto e preparare un caffé. Sognare l’amore eterno. Aspettare l’autobus la mattina. Scegliere un paio di scarpe che non metteremo mai, e scriverci sopra, come si faceva da piccoli con le cartelle di scuola. E poi far parlare le mocassine l’una con l’altra, e riprenderle con la videocamera.
Miranda July, lo dice lei stessa: “Ogni persona ha dentro di sé una particolare magia, e può trasformare una piccola porzione di mondo. Bisogna crederci, però…”. Perché nel millennio in cui certi oggetti inutili diventano assolutamente necessari alla sopravvivenza, la July teorizza e incarna l’innocentismo consumistico. Il mondo è fatto così. Tanto vale farne poesia.