Ci sono altri 100 autori, fuori dai blog ma inseriti nel più autorevole mondo del cinema, che hanno scritto a loro modo, una lettera agli spettatori. Ed essendo gente da sala, invece che scrivere sui giornali (in verità, Bertolucci e Piccioni hanno fatto anche questo) hanno preferito delegare al video – lo hanno proiettato anche al Festival del Cinema di Roma – il racconto della loro urgenza. Che a mio parere, è un pò anche la nostra.
Sostanzialmente, il messaggio è questo: regole trasparenti per non essere alla mercé del politico di turno nei finanziamenti dello Stato al cinema. Non lasciare il governo della cultura alle televisioni. Aiutare un mondo che, senza lo Stato, rischia di essere compromesso non solo nelle professionalità dei grandi – i registi – ma anche in quello delle maestranze.
Poi i registi incalzano con qualche paragone Oltralpe. La Francia, che è un luogo molto più sensibile dell’Italia, spende di più. Nel BelPaese, invece, poche decine di milioni di Euro l’anno.
E poi, purtroppo, si parte con la specifica che questi soldi non servono tanto per i registi, quanto per le produzioni, e per pagare le centinaia di persone che lavorano alla "fattura" del film. E a proposito di noi giornalisti, si racconta che siamo pronti a criticarli ogni pié sospinto per la questione dei finanziamenti.
Visto che in passato avevo pubblicato i nomi di coloro che beneficiavano degli aiuti dello Stato. E visto che i 700 milioni di ogni anno che vengono versati alla stampa sono buttati in piazza insieme ai finanziamenti elargiti alla Fiat (10.000 anni di finanziamenti di cinema, in tutto, dicono). Lungi da me difendere la casa torinese, che si sa difendere benissimo da sola, mi permetto solo due precisazioni, circa questi strani paragoni.
Primo. Sui finanziamenti dei giornali, i cento autori hanno ragione. Tanti piccoli quotidiani che vengono letti soltanto da una pletora di addetti non hanno un gran senso, nel loro esistere. Tanti altri piccoli giornali invece, hanno un senso. E io personalmente, li leggo. Se non ci fossero i finanziamenti dello Stato forse non esisterebbero? Forse. O forse sarebbero su internet.
Tanti grandi giornali, invece, credo sia giusto che siano aiutati, anche se poco, soprattutto per continuare ad esprimere non solo notizie, opinioni e approfondimenti, ma anche l’innovazione del fare informazione. Come, per esempio, fare un sito. Come per esempio, fare marketing di un giornale, e pubblicità, e continuare a far leggere la popolazione italiana tutta. Continuando a vendere un’abitudine, quella di informarsi, che fa bene, in generale, alla nazione. Come quella di andare al cinema. Che però non è informarsi, ma intrattenersi, e pensare. Se non sbaglio.
Entrando poi nello specifico dei soldi che "costiamo", visto che si dice che i finanziamenti non vanno solo ai registi (l’esempio di Monicelli) ma alle maestranze e ai lavoratori, e visto che siamo invitati ai paragoni, eccovi qui di seguito una risposta e un ambizioso parallelo.
Se il regista può essere paragonato al direttore di un giornale, se il produttore è la casa editrice e il management, allora i giornalisti sono le maestranze dei giornali. Ora, visto che ho abitato a Roma cinque anni e conosco registi, produttori, attori, attrici, elettricisti e macchinisti, vorrei palesare, in modo molto trasparente, che il mio stipendio mensile, che non esiste in quanto libera professionista, è equivalente a un quarto di quello che prende in media un elettricista all’interno della produzione mensile di un film.
Sì, avete capito bene. A parità di professionisti sceneggiatori che si sono affermati nel campo, per un motivo o per un altro, ogni mio articolo è pagato in media un CINQUECENTESIMO di una sceneggiatura. E’ corretto? Non lo so. Questo è il mercato dei quotidiani. E’ evidente che le mie storie, anche se informazione, valgono poco. Magari un giorno raggiungerò l’autorevolezza per scrivere in prima pagina, e allora guadagnerò un CENTESIMO di una sceneggiatura. O magari CINQUANTA volte meno. A chi legge il giudizio sulla correttezza dei volumi di danaro scambiati, e sui valori.
Se si vuole quindi entrare nei particolari, ecco, mi preme solo dire che ci sono mondi che in media guadagnano di più, e fanno una determinata vita, e mondi che guadagnano di meno, e che non si lagnano neanche poi così tanto, per il precariato e via dicendo.
Dulcis in fundo, veniamo poi al parallelo con la Fiat. Qui, mi spiace dirlo, è la stessa cosa. Se il cinema sono le maestranze, la Fiat sono gli operai. E allora, proprio dal cinema arriva una stoccata ad un mondo che, se non fosse esistito, non avrebbe creato nemmeno il popolo degli spettatori? Ad un mondo le cui maestranze costano mille euro fisse in busta paga, al contrario di altre maestranze che fanno mestieri ben più interessanti e presigiosi, e che magari mille euro li prendono in una settimana?
Chiudo soltanto ribadendo che sono d’accordo con i 100 autori, condivido le loro richieste di cultura, che non può essere fatta dai network televisivi e che deve essere garantita dal Paese per un suo sviluppo e una sua crescita. Ma certi parallelismi, a meno che non vogliamo scambiarci i 730 e i 740 tra Roma e Milano, forse sarebbe stato più elegante non farli…