Lucullo e la politica

Le_luci_dellarte@Pranzidilusso

La Repubblica, 5 luglio 2007

I DEPUTATI SI "REGALANO" IL RISTORANTE A 9 EURO

ROMA – I cavatelli al salmone fresco e zucchine serviti ieri erano una
delizia (3,60 euro). Ma anche gli gnocchi di patate al pomodoro e
basilico sembra che abbiano riscosso un certo successo (3 euro). Gli
onorevoli più buongustai sono passati poi a dell’ottimo pescato del
giorno (4,20 euro) e infine a una ghiotta "scelta di dolci" (1,80
euro). Il tutto per 9 euro, centesimo più, centesimo meno. Peccato che
quel pranzo sia costato alle casse della Camera dieci volte di più: 90
euro.

Che le cose andassero più o meno in quel modo, a Montecitorio, lo si
sapeva da tempo. Solo che ieri mattina la frittata, è il caso di dire,
è finita sul tavolo dell’Ufficio di presidenza, l’organismo che fa capo
a Fausto Bertinotti e che sovrintende all’amministrazione del palazzo.
Non tanto perché si è appreso che la ristorazione a beneficio dei 630
inquilini costa 5 milioni 232 mila euro l’anno, anche questo era noto.
Ma perché si è scoperto che quella cifra, ripartita per il numero di
deputati, fa lievitare la spesa per ogni singolo pasto appunto a 90
euro. Il calcolo, un po’ grossolano ma significativo, è stato
sottoposto ai colleghi da Gabriele Albonetti e dagli altri due deputati
questori, per far capire che forse era giunto il momento di mettere un
taglio a cotanto spreco.

Il clima di antipolitica montante che si respira fuori dal palazzo, c’è
da giurarci, avrà pure avuto il suo peso. Sta di fatto che si corre per
la prima volta ai ripari. Come? La soluzione individuata consiste
nell’"affidamento all’esterno di una parte dei servizi di ristoro".
Così, i 7 cuochi del reparto cucina e i 25 addetti, tra camerieri e
operatori vari, per un totale di 32 "unità di personale" saranno
destinati "alla professionalità di assistente parlamentare con le
rispondenti qualifiche", ma anche al centralino, al "reparto
riproduzioni e stampa", ai servizi radiofonici e televisivi. Ora, cosa
ci farà un cuoco al centralino non è dato sapere, ma il problema sarà
affrontato in un secondo tempo. Per il momento, questa è la decisione
adottata che si legge nella delibera del collegio dei questori varata
dall’Ufficio di presidenza. E nessuno ieri ha osato obiettare alcunché,
coi tempi che corrono. Anche perché il risparmio stimato supera i tre
milioni e mezzo di euro. A regime, infatti, sottrarre i pranzi e le
(poche) cene dei deputati alla responsabilità diretta della Camera
comporterà per l’amministrazione un costo complessivo di 1 milione 662
mila euro. D’altronde, tutto è affidato da un pezzo all’esterno anche
al Senato.
                                                                               

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Per il momento e per una "fase sperimentale di diciotto mesi", i
questori hanno deciso di affidare il servizio alla stessa società che
finora ha gestito la mensa dei dipendenti, la "Onama". Così, senza una
gara o un appalto. Perché solo al termine dell’anno e mezzo di prova si
procederà a una selezione pubblica oppure, ecco la sorpresa nel
provvedimento, "al ripristino della gestione interna". O funziona,
oppure – se i deputati non dovessero gradire cotture e menù – si
tornerà all’antico.

Ma l’Ufficio di presidenza non si è occupato solo del mantenimento in
futuro di un buono standard dello "spezzato di manzo al vino rosso" e
della dolorosa rinuncia alla cucina interna. Ha dovuto fare i conti
anche con un’altra grana. Dopo mesi di dibattiti e buone intenzioni
seguiti allo scandalo sollevato dalle "Iene" in tv sui 54 portaborse
dei deputati con regolare contratto a fronte dei 683 collaboratori
dotati di permesso di ingresso, dopo il giro di vite annunciato dai
presidenti di Camera e Senato, Bertinotti e Marini, che avrebbe dovuto
comportare la concessione dei nuovi badge solo agli assistenti messi in
regola, ieri Montecitorio ha deciso di alzare bandiera bianca. E sì,
perché dopo due proroghe della scadenza e molteplici appelli agli
onorevoli, a consuntivo si è scoperto che solo 142 deputati hanno
stabilizzato 182 collaboratori. E siccome il rischio era quello di
lasciare fuori dalla porta i restanti 500 finora pagati in nero, con
paghe da 400 a 800 euro, ecco l’escamotage che consentirà di fatto di
proseguire come se nulla fosse: l’Ufficio di presidenza ha deciso di
concedere il lasciapassare anche a collaboratori che svolgono una
generica "attività di tirocinio", ma anche a pensionati disposti a
collaborare gratuitamente o a dipendenti di enti e associazioni (e
quindi anche di partiti). Per farla breve, si torna al passato.
Tentativo fallito.

                                                            

Oggi sarà la volta del Consiglio dei ministri, che inizierà ad
esaminare il disegno di legge sui costi della politica studiato dal
ministro Santagata, più volte annunciato e altrettante rinviato. Ma
come ha anticipato anche ieri l’altro ministro che vi sta lavorando,
Linda Lanzillotta, manca ancora il via libera delle Regioni, dunque
oggi al più il testo (in 25 articoli) potrà essere solo esaminato. In
ogni caso, quel documento non è sufficiente ad affrontare il problema
dei costi nel suo complesso, secondo Antonio Di Pietro, che ieri ha
presentato con Gianni Alemanno di An un piano bipartisan per abbattere
le spese. Dal taglio delle tessere gratuite dei parlamentari alla
riforma costituzionale che riduca la stessa rappresentanza politica.