Tollerare o accettare?

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Visto che è stato pubblicato online, riprendo il tema che ho trattato sul Sole 24 Ore, Nova24, giovedì scorso. Ringraziando GayNews di Franco Grillini per la citazione. Richard Florida utilizza come parametri per la creatività tre (famigerate) T: tecnologia, talento, tolleranza. Vada per le prime due, ma la terza, a mio parere, non funziona bene. E non solo a livello sintattico… Per chi vuole approfondire, l’articolo è qui.

  • Cristina |

    Ciao Roberto

    grazie dei complimenti. Interessante il progetto Dialoghi. Tenetemi informata. Ti ho scritto una mail nella tua casella di posta…

  • Roberto Ricco |

    Ci siamo, il sistema della socioeconomia comincia a contare su, purtroppo ancora singole, posizioni critiche.

    Sono il direttore artistico del Kismet e dunque ricevo questo articolo per informazione su chi parla di noi.

    Poi leggo il testo e mi stupisco. Sul Sole si scrive qualcosa che finalmente esce dai binari di un sistema che, pur vantando meravigliose sistemazioni teoriche, finisce per adottare strumenti analitici degni dell’uomo della pietra? E’ vero la realtà deve essere sempice da analizzare ma allora cosa facciamo la riduciamo ai minimi termini?

    Mi vengono in mente molte cose e fatico a metterle tutte in evidenza ma penso alla sociologia narrativa di Pierre Burdieu che trasforma la realtà in sotrie invece che in numeri, penso alla grande sottigliezza con cui Konrad Lorenz ha spiegato la differenza tra una descrizione teorica del comportamento di una papera e la sua realtà in natura (un bellissimo libro che si chiama “Io sono qua, tu dove sei?”, il suo ultimo). Penso alla complessità di Morin e tutti gli altri che in varie discipline tendono a costruire un modello di conoscenza non esasperatamente semplificatorio.

    Sono contento di questa affermazione, mi stimola molto sapere che qualcuno riflette sul valore di analisi che poi sono determinanti per sostenere decisioni significative (anche se a volte solo per giustificare decisioni già prese…).

    Il Kismet fa parte di un sistema nazionale di teatri “Stabili d’Innovazione” ma anche il teatro in Italia è reso strumento, monumento, monolite e mai esperienza. L’articolo di ieri di Alberoni sul Corriere esprime ancora una inutile nostalgia per una cultura passata che continua a riporoporsi morta, uguale a se stessa e poco propensa al dialogo con il presente. Allora cos’è la creatività? Anzitutto la capacità di superare gli ostacoli per generare relazioni e conoscenza, mentre il cambiamento del punto di vista sta alla creatività come lo starnuto all’influenza. Anche il teatro soffre per la sua mancanza di volontà di cambiamento. Accetta di ridursi a strumento di questa o quella necessità sociale, educativa, politica. Succede anche nel teatro d’impresa, dove nel 99% dei casi è soprattutto impresa camuffata da teatro.

    Insomma grazie per questo articolo, non tanto per aver citato il Kismet quanto per il suo contenuto.

    In questo momento in Italia alcune strutture teatrali si sono date il compito di trasformare il modo di pensare e rappresentare il teatro, la cultura organizzativa e quella produttiva degli artisti a partire dal dialogo con altre forme di arte e di pensiero e ne nasce ilprogetto Dialoghi. Ho dato questo articolo da leggere ai miei colleghi del gruppo di lavoro e spero possa dare stimoli interessanti alla discussione. Spero possa generare un dialogo su questi temi.

    Saluti cordiali

    Roberto Maria Ricco

    Teatro Kismet OperA

    Teatro stabile di innovazione

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