Una domenica qualunque, le 5 donne in prima pagina sui quotidiani italiani

Ieri mattina sono andata all’edicola di Via Lomazzo – Milano – ed ho acquistato Il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Giornale, Il Sole 24 Ore e il Manifesto. Poi, mi sono seduta in un baretto, ho ordinato una spremuta d’arancia e un caffé, ed ho iniziato un simpatico giochetto: la conta delle firme femminili in prima pagina dei quotidiani.

Il risultato, già svelato nel titolo, è triste. Su un totale di 53 firme, soltanto 5 appartengono a giornaliste donne. Senza tediare tutti con le lamentele, dunque, ecco nello specifico quanto "contato".

La Repubblica: nessuna firma femminile in prima pagina. I 10 articoli firmati appartengono a: Eugenio Scalfari, Federico Rampini, Mario Draghi (lo ritroveremo anche sul Corriere della Sera), Alessio Balbi, Filippo Ceccarelli, Ilvo Diamanti, Renzo Gnolo, Alessandro Baricco, Alexander Stille e Vittorio Zucconi, Corrado Augias e Francesco Merlo.

Il Manifesto: nessuna firma femminile in prima pagina. I 3 articoli firmati appartengono a: Alessandro Robecchi, Guglielmo Ragozzino, Mario Tronti. Inoltre, dei 6 articoli di prima pagina che hanno riprese all’interno del giornale, nessuno è stato scritto da una donna.

Il Corriere della Sera: 1 firma femminile in prima pagina. I 6 articoli firmati appartengono a: Sergio Romano, Andrea Galli, Guido Olimpo, Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, Mario Draghi (già su Repubblica) Paolo Di Stefano. Dei due articoli in alto, sopra la testata, dopo Ian Buruma troviamo Corinna De Cesare, che con Paolo Foschi scrive: "Italia che compra sempre in contanti. Solo il 3% degli acquisti con la carta di credito".

Il Giornale: 1 firma femminile in prima pagina. I 9 articoli firmati appartengono a: Mario Giordano (il direttore), Stefano Lorenzetto, Tullio Avoledo, Vittorio Macioce, Stefano Filippi, Giordano Bruno Guerri, Gianni Baget Bozzo, Maurizio Caverzan e infine, in basso a destra, in un angolo, Fiamma Nirestein che scrive: "La testimonianza. La mia vita bendata per colpa degli antisemiti".

Il Sole 24 Ore. 3 firme femminili in prima pagina. I 17 articoli firmati appartengono a: Guido Tabellini, Carrer-Merli-Adriana Cerretelli (articolo a pag.3 in basso : Europa divisa sui tassi) ,  Saverio Fossati, Alberto Nosasi, Marco Alfieri, Marco Valsania (2 articoli), Franco De Benedetti, Salvatore Carrubba, Luigi Lazzi Graziani, Paolo Bricco, Criscione-Morino-Valerenghi, Kenneth Rogoff, Eliana Di Caro (articolo con foto in alto nella pagina, con foto di Obama: "Washington e Luisiana, Obama tenta il sorpasso), Rossella Bocciarelli: "Crediti e mutui: l’Italia è meno esposta".

A chi legge trarre le conseguenze. Personalmente, continuerò per un mese la lettura.
Sono sicura, non ci saranno grandi sorprese. Eppur non parto con preconcetti.
Sono semplici precedenti, semmai. E una biografia di difficoltà.

  • Cristina Tagliabue |

    Grazie Corinna. Anche oggi ho fatto la conta dei giornali. Ho preso l’Unità perché Il Manifesto non esce il lunedì. I risultati sulla settimana li scrivo il prossimo fine week end, sennò diventa un esperimento tedioso e noioso.
    Grazie Grazie Grazie per la l’ottimismo. Se lo dici tu che sei in prima pagina del Corriere, quasi quasi ci credo 🙂

  • Corinna |

    Il sabato sulla domenica si è anche in meno a lavorare…io voglio essere ottimista e pensare che le cose, con il tempo possano cambiare.
    p.s. il corriere di oggi, 11 febbraio, aveva ben 7 firme al femminile
    corinna de cesare

  • Cristina Tagliabue |

    Per Valentina: capisco, e diamo valore alla tua iniziativa, mi sembra giusto… e sacro-santo!

  • Cristina Tagliabue |

    Per Jay campione di sport leggo!: complimenti per la conta, aspetto tue… (io ricordo solo Jennifer Beals di Flashdance come donna operaio… e magari me con qualche amica che ci diamo da fare in casa nostra:-)
    Per Flavia: grazie. Credo che sarò a Roma il 7 marzo. Ti chiedo via email i dettagli.. E’ che io non amo molto i convegni in generale, ma ci posso provare stavolta.
    Per Docciascozzese: non so risponderti. Forse manca il coraggio, certe volte. Ma questo non significa che gli spazi per noi siano “contati”… Poi visto che ti conosco, so cosa risponderesti.. si apre una voragine di super-temone.. per ora mi limito umilmente a contare.. Varrà pur qualcosa.

  • valentina Tosoni |

    ciao Cristina. scusa se ne approfitto, ma oltre a dirti che tutte le mattine mi ci vuole una bella energia per destreggiarmi in onda fra Linus, Nicola Savino e Mario De Santis, volevo invitarti a vedere nella mia piccola galleria la LITTLEITALYARTGALLERY l’esposizione del IL DEBOSCIO.
    allego progetto.
    baci, Valentina T.
    “C’E’ DA RIFARE L’IMMAGINE COORDINATA”
    progetto espositivo de il deboscio
    Da mercoledì 6 febbraio – ore 19.00 – Il Deboscio entra per la prima volta in una galleria d’arte contemporanea, la littleitalyartgallery, per esplorare una nuova dimensione creativa.
    Ipotizzando un finale diverso, si concentra sullo studio per una nuova immagine coordinata del brand più antico della nostra cultura: la croce.
    Lo spazio espositivo ospiterà un’installazione scultorea e un multiplo grafico.
    LittleItalyartgallery
    Via Voghera, 25 – Milano
    fino al 22 marzo 08
    IL PROGETTO
    In principio era il Logo.
    Il Logo era presso Dio
    E il Logo era Dio.
    E’ un’ipotesi. Cristo decapitato anziché crocifisso. Tutto da rifare.
    L’immagine coordinata della Chiesa cambia: una conseguenza inevitabile.
    La croce, il primo logo al mondo inteso come tale, non ha più senso.
    Se è l’accetta lo strumento di morte, dunque sarà questa a diventare il nuovo logo della cristianità.
    La croce cristiana durante i primi decenni non era uno dei simboli principali del cristianesimo, perché era ancora uno dei più comuni strumenti di esecuzione. Fra i simboli più ricorrenti si può citare il pesce, in greco antico Ichthys, acronimo che tradotto stava a significare “Gesù Cristo di Dio figlio Salvatore”. Ma serviva un logo più forte, che testimoniasse il sacrificio, ed ecco uno dei rebranding più felici: dal pesce si passa alla Croce.
    Con buona pace invece dei testimoni di Geova, i quali sostengono la tesi della palificazione, ho pensato all’ipotesi della decapitazione perché da bambino l’immagine della testa mozzata di san Giovanni Battista creava nella mia mente una certa confusione, spiega l’ideatore dell’installazione.
    La somiglianza tra Cristo e S. Giovanni era impressionante. Era automatica la sovrapposizione delle due iconografie. Ho sempre pensato che la testa mozzata del santo fosse un’immagine deviante. Portava fuori strada. Quello è sicuramente stato un errore strategico, da parte della dirigenza ecclesiastica, di permettere cioè una simile iconografia. Se già un bambino del ventesimo secolo, così abituato all’immagine perché sottoposto a continui stimoli iconici, riesce ad avere di questi problemi, chissà l’uomo medievale e rinascimentale, che in media vedeva in tutta la sua vita 40 immagini artificiali, contro le 400.000 al giorno a cui oggi è sottoposto un individuo. L’uomo medievale dal punto di vista della cultura delle immagini, non è nemmeno paragonabile a un bambino di oggi.
    Se concordiamo con Walter Landor “il Brand è una promessa. Attraverso l’identificazione ed autenticando un prodotto/servizio, il Brand dichiara al mercato un impegno di soddisfazione e qualità”; capiamo che era presente nei primi cristiani la convinzione che la Chiesa dovesse proporsi (inconsciamente/ingenuamente?) già da subito come brand.
    E ancora, se il brand è tutto ciò che è slegato dal prodotto finale, chi se non la Chiesa cristiana può definirsi, a ragione, il primo brand al mondo? Chi vende un prodotto più astratto, meno definibile e meno concreto agli occhi del mercato, della salvezza eterna?
    Il deboscio è un progetto che nasce a Milano nel 2001 a opera di Davide Colombo e David Scirocco. Oggi Il Deboscio è un collettivo letterario, un’etichetta musicale e un brand streetwear, e conta più di venti persone tra i suoi autori.
    Questa è la sua prima mostra personale.
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