Matteo Brega e lo specchio

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Ha scritto “Lo specchio attraversato”, insegna allo Iulm, ha una casa piena di mobili e quadri di un’altra epoca ma SOPRATTUTTO sua madre fa degli ottimi ravioli. E anche una fantastica torta alla marmellata!
Grazie per la cena, e per la compagnia. Come al solito, tutto merito di Angelo Crespi, che ci ha fatto incontrare…

  • luca |

    ma vai a cagare!

  • Cristina |

    Sto leggendo il libro con un certo interesse!

    Devo dire, in effetti, che Matteo è ASSOLUTAMENTE originale, e acuto.

    Una bella testa, non c’è che dire…

    grazie Angelo 🙂

  • angelo crespi |

    Allego una bella recensione dello scrittore Massimiliano Parente al nuovo libro di Matteo Brega pubblicata questa settimana da il Domenicale.

    http://www.ildomenicale.it

    Bregapensiero nell?era multimediale

    Un invito a varcare la ?soglia dello specchio? oltre le dinamiche impositive del gusto di massa. E un serrato ragionamento per capire com?è che quelli che volevano liberarci ci hanno omologato, e quelli che invocavano la cultura badavano al soldo

    di Massimiliano Parente

    Se volete riflettere sul rapporto tra arte e cultura di massa, se volete comprendere cosa c?entrino il multimediale e la civiltà informatica con il Surrealismo, o come l?arte si sia trasformata in arte di massa; se volete districare una matassa teorica complicata, se volete farlo senza incappare nelle solite zuppette marxiste e francofortesi, o trovarvi di nuovo scodellata la minestrina sulla ?società dello spettacolo? di Guy Debord, o non sentirvi ancora qualcuno che parlando d?arte contemporanea vi rifili la sua morale sul bello o sul brutto, o su ciò che è bene e ciò che è male, allora dovete andare a cercare Lo specchio attraversato (Franco Angeli, Milano 2005, pp.134, e17,50) densissimo libro di Matteo Brega.

    Matteo Brega non è soltanto, per chi lo conosce, uno straordinario dandy che affabula e fa ridere sfornando più battute lui in dieci secondi che Woody Allen in dieci film, e che gioca in Borsa e non va a una festa se non sa esattamente chi c?è, dov?è e soprattutto che abito indossare. Matteo Brega è anche un serio studioso dell?arte di massa. Libro interessantissimo, quasi un evento, benché faticoso da digerire, a Brega, per farlo essere perfetto, occorrerebbe solo imporre un esilio anglosassone come accadde a Erwin Panofsky il quale, costretto a imparare l?inglese, sfrondando la ridondanza farraginosa del linguaggio e mirando all?essenziale, fondò l?iconologia. Comunque sia, da tradurre o meno in inglese, il libro di Matteo Brega restituisce uno degli studi più importanti sull?arte di massa scritti negli ultimi decenni. Dentro il libro di Brega c?è tutto, tanto i virus quanto gli anticorpi.

    Capitalismo e omologazione

    D?altra parte il tema trattato da Brega coinvolge lo stato dell?immaginario occidentale tout court, ed è centrale più di quanto non appaia anche nel dibattito politico attuale, basti pensare agli attivisti no-global, eredi del materialismo storico seppur orfani dell?impero sovietico, la cui ideologia d?origine resta il più delle volte implicita, sottotraccia. Se non altro il vizio di fondo, l?antioccidentalismo becero, l?antiamericanismo, il disprezzo per il mercato. Eredi, più o meno consci, in ogni caso, della Scuola di Francoforte e di tutti i suoi epigoni, da Guy Debord a Frederik Jameson a Jean Baudrillard, quest?ultimo talmente convinto che l?Occidente, ossia il capitalismo, ossia la società dei simulacri, sia il male assoluto da applaudire all?attacco alle Twin Towers l?11 settembre. E poi. Capitalismo e omologazione? Sarà.

    Mi sono sempre chiesto quale società rimpiangeva Pasolini: quella contadina, d?accordo, ma non certo meno omologata di quella dell?occidente tardo-industriale, costruita anzi su un pluralismo sfrenato, tanto sfrenato che Mohammed Atta faceva corsi di volo negli States. Si tratta del consueto trucchetto post-marxista che, condannando la modernità da una parte, lotta per i diritti civili in Occidente dall?altra e guarda con simpatia all?integralismo islamico in quanto nemico degli Stati Uniti, che sono l?impero e il simbolo del capitalismo mondiale. La caratteristica liberale dell?Occidente è inglobare tutto, assimilare tutto nell?idea delle differenze e pensiero pluralistico, ma i sociologi di scuola marxista hanno sempre visto il potere omologante, plagiante, alienante. Che ieri non vedevano in Urss come oggi non vedono in Iran, in Egitto, nella Corea del Nord.

    L?arte del Ventesimo secolo non è mai stata tanto impastata d?ideologia. Soprattutto nell?autorappresentazione del proprio particolare ruolo dentro l?Occidente che la contiene. Brega non ha scritto un libro politico ma non può fare a meno di notare alcune incongruenze e alcuni strani paradossi. Per esempio cominciando da quella strana contraddizione istituita in maniera esplicita e dichiarata dal Surrealismo: da una parte la rivoluzione dell?inconscio, del sogno, dell?immaginazione al potere, e dunque rivoluzione estremamente individuale, individualistica. Dall?altra l?adesione al movimento rivoluzionario, la trasgressione come abbassamento gerarchico e cancellazione di ogni gusto, André Breton che radia chiunque non si allinei all?ortodossia marxista, fondando, così, le basi per una contraddizione che si porteranno dietro tutti i movimenti artistici a venire: rivoluzione dell?individuo e movimento di emancipazione di massa. Abolizione dell?io mediante pratiche di espressione automatica, e al contempo sua dichiarata liberazione.

    Partendo dal presupposto, in ogni caso, che l?io è corrotto perché, appunto, alienato dalla società industriale. Brega mette dunque il dito nella piaga: paradossalmente è proprio la civiltà dell?odiato capitalismo ad aver realizzato le ambizioni avanguardistiche verso un?arte e una cultura di massa. Brega prende le distanze da Adorno, che appiattisce qualsiasi possibilità percettiva individuale alla standardizzazione, subordinando qualsiasi percezione estetica alle strutture di dominio delle società borghesi. Perché in Adorno «ogni aspetto legato alla fruizione estetica viene legato all?ambito politico mostrando una sostanziale obliterazione di ogni categoria estetica ad un ruolo ampiamente marginale». Detta in altri termini, è curioso osservare come per il pensiero critico del materialismo storico la cultura e l?arte contino in realtà molto poco, mentre a contare è l?economia, ossia è la vecchia storia della struttura, della sovrastruttura e dell?alienazione. Per i pensatori della sinistra ortodossa non ci sono mai stati spettatori né lettori né ascoltatori, ma solo vittime livellate del sistema, schemino che ritroviamo ancora oggi perfino a livello politico, dove se vince la sinistra l?elettore è libero mentre se vince la destra l?elettore è plagiato e inconsapevole.

    Brega trova queste analisi ?apocalittiche?, oltre che fuorvianti per comprendere i mutamenti generali. E mentre respinge Adorno, si riaggancia all?attualità del pensiero di Dwight Macdonald e del suo celebre saggio in cui, parlando per la prima volta di ?arte di massa?, lo studioso americano individua due categorie ormai di uso corrente nella critica della cultura di massa, ovvero il Masscult e il Midcult. L?avvento dell?arte di massa sarà così più il prodotto di un cambiamento di committenza che un progetto di coercizione e omologazione impartito dall?alto. L?avvento stesso della Rete e del multimediale fa saltare l?idea di una standardizzazione dell?immaginario anche perché frammenta all?infinito le richieste del singolo che le immette in un circuito globale. E anche, vorrei aggiungere alla riflessione di Brega, ammesso che non mi sia sfuggito, immettendo nel circuito globale non solo richieste ma anche proposte, andando così a modificare l?immaginario virtuale e quindi anche quello reale, ammesso vi sia differenza.

    Fuoriuscire si può

    Alla fine perfino sull?arte di massa e sull?immaginario globale, più che la società di controllo e l?omologazione descritte dai marxisti, sembrano aprirsi altre possibilità, e sarà allora utile capire «se la percezione si stia avviando verso una de-massificazione per come la si è intesa sinora, conseguente all?impatto di massa del multimediale digitale». Nella visione di Macdonald riletto da Brega non è così scontato che il Midcult, unito alla globalizzazione economica e multimediale, faccia tabula rasa di qualsiasi differenza, anzi. Brega è più che ottimista, perché probabilmente, scrive Brega, proprio la Rete può «rappresentare un?occasione di fuoriuscita dalle dinamiche di ?imposizione del gusto? prospettate dal mercato». Certo, la Rete moltiplica l?informazione, gli immaginari, le esperienze come mai era accaduto prima. La fruizione si fa simbolica e quantitativamente infinita, e alla fine, o meglio al principio di questa nuova era, è il medium stesso a farsi simbolo, a riflettersi in se stesso e nelle sue infinite possibilità.

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