Il maestro e margherita

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Ovvero, Alain Resnais e Laura Morante, alla presentazione di Coeurs, un film che rischia parecchio di vincere, a Venezia. E il maestro, non è il diavolo…

  • Cristina |

    beh, allora non ti devi perdere Straub Huillet, domani notte, a Fuoriorario. Appena presentato a Venezia, ha già molto fatto parlare. E’ bello. Ed è puro teatro..

  • cristina |

    ciao,io lo vedo convincente il diavolo veste prada non sono

    da cinema ma quello mi attizza

    sono piu’da teatro e lo rimpiango in tv specialmente

  • mari |

    si, un cinema ed una tv più relae, anche per i bambini secondo me…che insegni loro a sognare ma non a disdegnare la realtà, con al quale prima o poi dovranno scontrarsi e se fanno come me che crescono pensandio essere maghi poi rischiano di restarci molto male quando capiscono che la magia non funziona.

    Non solo fate e merletti ma occhi di fata inquadrati tra le rughe di una nonna o di un mendicante. .. son curiosa di vedere il film prima o poi.!! scappo

  • Davide |

    grazie…e che il loro sogno nel cassetto prenda il volo.

  • Cristina |

    Ecco a grande richiesta il pezzo basso della pagina. Alla faccia dei copyright…

    Titolo:

    Il lavoro logora, chi non ce l’ha

    Testo:

    Se è vera la parabola degli ultimi che saranno i primi, la

    Rieducazione degli Amanda Flor – non è un gruppo musicale, è un gruppo

    di registi – rischia di fare tombola. E anche se non vincerà nessun

    premio perché girato in digitale (e quindi non ammesso in concorso)

    potrebbe rivelarsi la storia più interessante, sotto molti punti di

    vista.

    Selezionati a “comparire” l’8 settembre al Festival di Venezia, questi

    quattro ragazzi del ’77 – 116 anni in tutto – si chiamano Denis

    Malagnino (decoratore), Daniele Guerrini (titolare di un’azienda di

    servizi), Davide Alfonsi (cameriere) e Alessandro Fusto (fotografo di

    matrimoni e gare sportive). Amici dalle scuole medie in quel di

    Villanova di Guidonia, piena “Provincia Meccanica” della capitale, e

    li abbiamo incontrati in centro Roma, prima del loro “approdo” alla

    Laguna. Che potrebbe rivelarsi un “arrembaggio”, appunto. Perché i

    pirati sono di moda, e perché loro, il film sul tema del lavoro, l’han

    girato spendendo 500 Euro.

    La notizia ha fatto scalpore per il low cost della produzione. E

    tuttavia, c’è dell’altro. Parecchio, a sentir loro: “Abbiamo inviato

    il modulo di richiesta di partecipazione via Internet, e il 17 luglio

    abbiamo saputo di essere stati selezionati – raccontano – Lo avevamo

    spedito anche a Torino e Locarno, ma lì non ci hanno neppure

    risposto”.

    Il progetto culturale degli Amanda Flor, lungi dall’essere meno

    interessante di tutti gli altri visti al Festival, è quello di una

    trilogia sulla “coscienza collettiva e responsabilità civica italiane.

    Che non esistono più, soppiantate da tanti personalismi,

    dell’individualismo costi quel che costi, dal tutti contro tutti, e

    dall’incapacità di unirsi. Per tutelarsi e per combattere le giuste

    battaglie”. E’ dalla voglia di documentare quello che succede sul

    mondo del lavoro, anche quello più “pragmatico”, in cantiere, che uno

    dei quattro, Dennis, un giorno ha portato con sé la telecamera, e ha

    iniziato a filmare il suo capo-cantiere: “ma la storia l’avevamo già

    scritta. In sostanza, un ragazzo laureato e di buone speranze che, per

    entrare nel mondo del lavoro, è costretto a farsi aiutare dal padre.

    Che, con il classico meccanismo nepotistico, lo raccomanda e lo porta

    a camminare su binari che all’Università aveva sempre combattuto”.

    L’idealismo lascia spazio alla necessità dello stipendio, insomma “e

    lo scontro con la dura realtà lo porta a corrompersi, anche

    intimamente, rispetto alle logiche con le quali aveva sempre

    ragionato”. Una rieducazione, appunto, che la professione, secondo gli

    Amanda Flor “ti costringe a subire. Perché anche nei lavori più umili,

    quello che manca è la solidarietà, la fratellanza, la capacità di

    affrontare insieme i problemi. Tutti sono singolarmente preoccupati

    del proprio destino, e della busta paga. Oltre a questo, non c’è

    altro… Lo raccontava anche il Guicciardini nel ‘500, certo non è una

    novità”.

    Già. In un mondo sempre più competitivo, dove anche la provincia di

    Villanova, formatasi su un’industria edilizia, di gomme e di cave che

    stanno via via scomparendo, vive un lento e inesorabile declino. E

    dove “i cinesi invisibili hanno costruito le loro sartorie e i loro

    laboratori. E anche altrove la forza lavoro è sempre più composta da

    extracomunitari” gli Amanda Flor raccontano. La loro narrazione è

    povera, come i mezzi che hanno avuto a disposizione. Ma vera, com’è

    vero che tutti hanno un sogno nel cassetto: “completare la trilogia,

    con un secondo film che parla di una famiglia di commercianti messa

    alle strette dall’apertura di un centro commerciale. Costretta poi a

    vendere il negozio a imprenditori cinesi che ne faranno un magazzino.

    E un terzo, forse, dedicato alla famiglia Agnelli”.

    I tempi di maturazione, per questo gruppo di registi tuttofare, ci

    sono. Le idee sembra non manchino. Gli ci è voluto un drastico bagno

    nella realtà, a questi ragazzi, per proporre cinema. O forse, al

    cinema, è sempre più necessario il contributo della società reale.

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